Fake news, corriamo ai ripari. Il tempo conta più di una facile lusinga

Fake news: una nuova realtà con la quale facciamo ogni giorno sempre più salati conti. È di minima consolazione, anzi, semmai causa di maggior preoccupazione, che i grandi del net stiano cercando di correre al riparo.

Un riparo un po’ ambiguo, come quello di Facebook, che propone la valutazione fatta da alcuni utenti (non si sa bene come selezionati): in poche parole il proverbiale cane che si morde la coda, perché la valutazione è opera di un pubblico già interno ad un sistema di scarsa criticità rispetto alle fonti intermedie di informazione. Come faccio a sapere concretamente se le news che mi arrivano da una data fonte sono davvero attendibili se tra un secondo dovrò cercarne, velocemente e quasi o del tutto acriticamente, altre?

Il problema è a monte, e le soluzioni alle Fake news non hanno nulla a che fare con la demonizzazione del web, tentazione che è sempre presente ma che deve fare i conti con un cambiamento antropologico ormai senza ritorno. Si tratta di percorrere un cammino in cui l’elemento critico –costruttivamente critico- resti parte integrante. Non per un’intellettuale presunzione critica su tutto e su tutti, ma perché i nuovi orizzonti necessitano di un’analisi umana.

I tempi di percezione, controllo, formulazione, restano quelli umani. Per fare un paragone sportivo è come correre i cento metri con uno specialista che se li berrà in 9 e 9 mentre noi ci metteremo, se ci arriviamo, molto di più. Restano pur sempre tempi umani, all’interno dei quali giocano ruoli importanti l’allenamento, la specialistica, la motivazione. Ma è un uomo a percorrerli lentamente o velocemente, non un robot. Che deve fare l’uomo di fronte alla presenza dell’ “altro” elettronico? Controllare.

Con le possibilità che gli incroci di notizie sulla galassia dei motori di ricerca e il riscontro con il cartaceo o con altre fonti di informazione (dalla radio al contatto personale passando per programmi tv specialistici) ci offrono oggi. Ci vuole tempo, magari un piccolo tempo, ma sempre tempo, e questo è un fatto. I minuti spesi però sono giustificati, per esempio, nel caso di chi deve fare informazione o mediarla culturalmente con riflessioni pertinenti. Cedere alle lusinghe e alla selezione darwiniana di chi riesce per primo a dare o commentare una notizia è un rischio, perché poi incide sulla credibilità di chi per fare prima mette in circolo una bufala. Il problema è che il rischio acritico contagia sempre più fonti ritenute affidabili perché i buchi nelle maglie del controllo sono proporzionali alla concorrenza con altri siti e con la necessità di fare sempre prima, prima, prima.

Torna come una profezia la preghiera di Michel Quoist in cui gli uomini si lamentano di non avere tempo, con il paradossale, geniale, ma anche preoccupante, rimprovero al Creatore:

Signore, Tu hai dovuto fare
un errore di calcolo.
V’è un errore generale:
le ore sono troppo brevi,
i giorni sono troppo brevi,
le vite sono troppo brevi!