La spesa con i bambini, una maratona a ostacoli tra gli scaffali

Fare la spesa con i bambini. Capitolo primo. Capitolo unico, in realtà, il più delle volte. Perché se riesci a sopravvivere a una vera e propria incursione al supermercato con due piccole belve attaccate alle gambe, per quel giorno puoi anche mettere la parola FINE a ogni altra cosa. Peccato che comunque il capitolo resti in sospeso per necessità inevitabile di tornare a farla presto, la spesa.

“Siete pronti?! Dai dai che bello, oggi mi aiutate a comprare le cose che ci servono, ok?”. “Mamma restiamo a casa a giocare?!”. “Bimbi, non abbiamo più nulla in frigo, con cosa credete che io possa prepararvi la cena?”. Non so per quale strano motivo ma i miei figli, in questo periodo, se ne starebbero sempre volentieri in casa. O meglio, so benissimo il perché. Perché fuori fa caldo, perché in casa smontano tutto e ricostruiscono insieme mondi fantastici, perché un po’ è anche divertente testate i limiti di sopportazione della mamma. Che, invece, fuggirebbe volentieri lontano.

“Alice mettiti le scarpe, Tommaso basta, correte fuori dalla porta”. Sei così motivata che senti che ce la farai. Addirittura ti ricordi di portare con te le sacche resistenti, quelle che collezioni nella vana speranza di farne uso il più possibile. Pronti, si parte, il supermercato non è lontano eppure durante il percorso già sorgono questioni di difficile soluzione. “Posso stare io nel carrello?”, “No, voglio starci io!”. “Farete un po’ per uno, va bene?! E non litigate o vi faccio camminare entrambi e basta”. In realtà sei molto meno sicura di quanto appari. Perché un bambino di 4 anni e una bimba di tre sai bene che a briglia sciolta sarebbero ingestibili tra gli scaffali. Ci hai provato già, tutto si trasforma in un difficilissimo gioco a nascondino dal quale esci provata.

“Facciamo che ognuno si ricorda qualcosa, così facciamo una lista della spesa mentale”. “Io mi ricordo le caramelle”. “Io il gelato”. Sarà durissima. Arrivi, parcheggi. Lontano dall’entrata, perché anche se in teoria ci sono posti riservati alle famiglie tu non ne trovi mai uno libero. E via, mantieni il controllo, dritta all’obiettivo. Carrello, prima tappa. Fai salire sul seggiolino la più piccola, il fratello inizia a rognare ma gli dici che una volta entrati lo farai salire dentro al carrello. Sì, lo sai benissimo che non si può, ma così è, o la spesa non la porti a casa. Entri di corsa stile maratoneta, punti a non farti distrarre da nulla. “Maaaamma, anche io voglio stare come Tommy dentro al carrello, non sul seggiolino scomodo”. “No Alice, non si può. E poi va a finire che litigate”.

Ma niente, l’accontenti nella speranza che tu riesca ad esser così veloce nello sfrecciare tra gli scaffali da evitare ogni ulteriore complicazione. La frutta, la verdura, i ceci, i grissini sì ci sono, va bene Tommy anche il succo, no le caramelle no, lo yogurt, ecco lo sapevo il detersivo è dall’altra parte. Corri corri…ma niente, l’inevitabile accade. “Alice mi ha fatto male”, “Spostati”, “C’è la spesa, non ci sto”, “Vi faccio scendere subito se non state fermi”, “Dai, vi do un succo se fate i bravi”.

Alla cassa arrivi con la faccia stravolta di chi non ha nemmeno più la forza di ostentare disinvoltura. La cassiera ti osserva con lo sguardo impietosito, “La capisco signora, sono piccoli entrambi, ma guardi che bravi che l’aiutano anche”. Grazie cara. Apprezzo la tua solidarietà. Alla faccia dei metodici nonnini che erano in cassa prima di te con sacchetti ordinati maniacalmente tu invece butti tutto dentro a caso. Paghi, ringrazi, distrai immediatamente i tuoi figli. Perché proprio davanti a loro c’è lo scivolo, idea diabolica di chi l’ha piazzato lì, a un passo dalla meta. Corri corri corri. A casa arrivi distrutta, ovviamente hai dimenticato di comprare ciò di cui più avevi bisogno, ti siederesti un attimo, solo uno. Ma c’è da preparare la cena. Alzi bandiera bianca. Quasi quasi da domani te la fai portare a domicilio, la spesa.