Sant’Alessandro. La fede sguarnita del martire, ieri e oggi

Oggi la Chiesa di Bergamo celebra la “sua” festa, la festa del patrono Alessandro. Quando la festa di sant’Alessandro cade di domenica, la festa del santo prevale su quella della “normale” domenica del cosiddetto Tempo Ordinario. Secondo la tradizione, Alessandro era “vessillifero” della legione tebea. Era, dunque, un soldato e morì martire, nei primi anni del quarto secolo, esattamente il 26 agosto del 303, sempre secondo la tradizione, durante la persecuzione dell’imperatore Massimiano.

La strana attualità

Alessandro è vissuto moltissimo tempo fa. Ma è paradossalmente attuale: la comunità cristiana lo festeggia ancora oggi. Il che dice una cosa molto semplice: la nostra fede va continuamente reinventata. La fede non è una pratica, ma un modo di vivere. Alessandro è attuale quando noi, paradossalmente, siamo capaci di essere diversi da lui, per vivere, a modo nostro nel nostro mondo, la fedeltà al Signore che lui ha vissuto allora.
Alessandro non ha detto e non ha scritto niente. O, per lo meno, non ha detto e scritto niente di cui abbiamo notizia. Parla solo la sua vita o, meglio, il suo martirio.
La vera forza che resta è quella “consacrata” dalla vita. Le parole non hanno senso senza il senso della vita. Le parole sono scarnificate. Ma quando le parole sono “piene” di chi dà la vita, allora anche le parole sono straordinariamente ricche. In un certo senso è quello che stiamo facendo oggi. Parliamo di Alessandro. Ma parliamo della sua vita che non ha parlato. Proprio perché lui ha dato la vita, le nostre parole sono ricche, ricche della sua povertà, della sua vita data in pura perdita.

Lo strano mestiere di Alessandro. Cristiano in un mondo ostile

Ci fa pensare anche il fatto che Alessandro era un soldato. Cristiano perfetto in un mestiere perfettamente laico e in un mondo totalmente estraneo. Alessandro vive dentro l’impero romano, dove la religione pagana è ancora dominante. I cristiani sono ancora minoranza e spesso perseguitata. Non è difficile immaginare la fatica di una testimonianza in un mestiere come il soldato e in un mondo come quello in cui viveva Alessandro.
Non è difficile neppure mostrare alcune inquietanti somiglianze tra la situazione di Alessandro e la nostra. L’ostilità del mondo esiste anche oggi e in mezzo a questa ostilità sta la debolezza della fede. Una fede che deve fondarsi non sulle nostre qualità, ma sulla bontà misericordiosa del Signore. “Quando sono debole, è allora che sono forte”. Siamo chiamati a vivere la fede sguarnita del martire.