Tumori, la ricerca fa passi avanti: le nuove terapie cellulari

Continua incessante la lotta della ricerca medica contro le patologie tumorali. Notevoli i successi raggiunti negli ultimi decenni, utilizzando terapie basate su farmaci (chemioterapie) o radiazioni (radioterapie). Ma negli ultimi anni, significativi progressi nella lotta contro il tumore si sono registrati con lo sviluppo e l’impiego di terapie cellulari (che sfruttano le risorse interne dell’organismo). Ne è esempio l’approccio immunoterapico, che stimola le cellule del sistema immunitario ad eliminare le cellule tumorali. Secondo una recente ricerca (pubblicata su “Science Translational Medicine”), condotta da Khalid Shah e colleghi, della Harvard Medical School e dell’Harvard Stem Cell Institute, il prossimo traguardo potrebbe essere l’ingegnerizzazione delle stesse cellule cancerose, perché siano in grado di dare la caccia alle loro simili.
Questa idea nasce da una scoperta di circa 15 anni fa. Fino ad allora, secondo la visione “tradizionale”, la diffusione delle cellule tumorali in altre parti del corpo era intesa come un processo “unidirezionale”, che tendeva alla colonizzazione di altri organi. In quel periodo, invece, fu dimostrata l’esistenza di un fenomeno (detto “self-seeding” o “re-homing”), per cui le cellule tumorali circolanti nel sangue tendono a ricolonizzare sia il tumore primario sia quello metastatico, associandosi a cellule simili a se stesse.
Da qui l’intuizione di Shah e colleghi di provare ad ingegnerizzare le cellule tumorali, condizionandole così ad agire in senso terapeutico nel sito stesso della massa tumorale.
Per verificare questa possibilità, gli studiosi hanno provato a sperimentare due diversi approcci cellulari, applicandoli su modelli animali (topi di laboratorio) di tre tipi di neoplasie: tumori cerebrali primari (sviluppati cioè per la prima volta nell’individuo), tumori cerebrali recidivanti (sviluppati cioè tempo dopo il tumore primario), e tumori della mammella, che successivamente hanno generato metastasi cerebrali.
Il primo approccio consiste in un trapianto “allogenico” (cioè, in cui il ricevente è diverso dal donatore) di cellule tumorali resistenti ai trattamenti farmacologici. Queste cellule, opportunamente ingegnerizzate, diventano capaci di attivare la morte cellulare (apoptosi) programmata delle cellule tumorali dello stesso tipo, una volta legatesi ad esse. Eliminate queste, quindi, rimangono le cellule tumorali sensibili ai trattamenti standard.
Il secondo approccio, invece, si basa su un trapianto “autologo” (cioè, in cui donatore e ricevente coincidono) di cellule tumorali sensibili ai trattamenti. Tali cellule vengono prelevate dal tumore asportato chirurgicamente; vengono poi ingegnerizzate in laboratorio (con la tecnica di editing genomico Crispr), in modo da silenziarne i recettori responsabili della sensibilità ai farmaci e, quindi, rendendole “farmacoresistenti”. A queste punto, esse vengono re-iniettate nell’animale, dove si dirigono verso altre cellule dello stesso tipo.
Il primo tipo di approccio è più adatto ad essere usato come prima terapia di fronte a un nuovo caso di tumore, mentre il secondo può essere impiegato solo dopo l’asportazione del tumore primario (quindi adatto al trattamento delle recidive, siano esse in loco o metastatiche).
Decisamente soddisfacenti i risultati ottenuti: lo studio ha documentato la migrazione delle cellule ingegnerizzate verso i siti tumorali, dove hanno distrutto le cellule cancerose a cui si sono legate. Inoltre, il trattamento si è dimostrato efficace nel migliorare la sopravvivenza dei topi malati.
“Le terapie cellulari – spiega Shah – sono la grande promessa per portare gli agenti terapeutici nel sito tumorale e possono fornire opzioni di trattamento valide quando le terapie standard hanno fallito. Con la nostra tecnica, mostriamo come sia possibile ingegnerizzare le cellule tumorali dello stesso paziente per trattare il tumore. Crediamo che questo possa avere molte implicazioni e applicazioni in diversi tipi di tumori”.
E quanto ci auguriamo tutti, grati per l’impegno incessante che la ricerca scientifica continua a profondere a servizio dell’uomo.Maurizio Calipari