Chi sono i rifugiati di oggi? Volti e storie di un mondo in movimento

L’Italia e gli Stati Uniti sono ai primi posti nella triste graduatoria dei Paesi dove è più profonda la frattura tra la realtà e la sua percezione. Ci ha colpito l’intervista di Franco Cattaneo a Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos Italia, uscita venerdì 7 settembre su L’Eco di Bergamo, in cui si dà conto di una ricerca svolta in 13 Paesi attraverso oltre 50 mila interviste, ripetuta per 5 anni. Questa percezione distorta della realtà, chiarisce Pagnoncelli, porta ad accentuare gli allarmi sociali sui fenomeni che preoccupano di più. E tra essi spicca quello dei migranti: il loro numero è percepito dalla gente 4 volte superiore al dato reale. Gli sbarchi sono crollati nel secondo semestre del 2017, ma un quarto degli italiani pensa al contrario che siano aumentati in modo significativo. A partire da questo abbiamo pensato di offrire, questa settimana, – accanto al resoconto di un’interessante ricerca dell’Ufficio migranti della diocesi di Bergamo sui cattolici di origine straniera che frequentano le nostre parrocchie – una serie di approfondimenti di natura culturale legati al tema della migrazione, a partire dalle riflessioni e dagli incontri che abbiamo seguito nei giorni scorsi al Festivaletteratura di Mantova. C’era spesso la fila per entrare in sala ed ascoltare gli autori, anche quando parlavano di temi “scomodi” e molto discussi come questi: l’identità, le radici, i rifugiati, l’accoglienza, l’incontro tra diverse culture e tradizioni, un filo rosso che ha attraversato le giornate della manifestazione. Un segno che ci fa ben sperare: accanto ai giudizi facili, superficiali, spesso lapidari che si leggono frequentemente in rete e si ascoltano nei talk show televisivi, c’è anche un forte desiderio di conoscere, approfondire, ragionare, formarsi un’idea propria sulle questioni in gioco. E soprattutto c’è ancora la voglia di guardare le persone negli occhi, di conoscere i volti e le storie che si nascondono dentro i fenomeni “globali”.

L’immagine di apertura di questo post è di Anna Surinyach ed è tratta dal reportage di Agus Morales “Non siamo rifugiati. Viaggio in un mondo di esodi” (Einaudi). L’autore è un giornalista spagnolo freelance che da una decina d’anni ha scelto di dedicarsi a raccontare proprio le vittime di guerra e i rifugiati. In questo libro traccia un percorso di scoperta e di approfondimento che si propone, prima di tutto, di aiutare la gente a capire chi sono i rifugiati. Morales ha portato la sua indagine nei porti di frontiera, nei centri di accoglienza, nei porti d’imbarco improvvisati per conoscere direttamente le persone che lasciano tutto in nome del sogno dell’Occidente. Sono diversi dai rifugiati a cui pensava la Convenzione di Ginevra nel 1951, gli europei che durante la Seconda Guerra Mondiale furono costretti ad abbandonare il proprio paese per le persecuzioni e gli sconvolgimenti causati dalla follia nazista. Oggi sono più di 65 milioni, in fuga da guerre e barbarie che non hanno più una localizzazione limitata a una sola zona del mondo. Nel frattempo, però, si sono quasi completamente dissolti il rispetto e la solidarietà che per decenni hanno accompagnato la sorte di chi lasciava la propria terra per motivi politici o umanitari, e che ancora sopravvive nei racconti dei nonni. Questa è una storia in cui si specchia e si misura l’Europa di oggi, con tutte le sue contraddizioni e le sue fragilità. Una storia in cui si mette in gioco, fino in fondo, la nostra capacità di restare umani.