Sessanta genitori e adolescenti invitati. Presenti due. Anche i fallimenti insegnano

Venerdì 21 settembre, oratorio di Telgate: presente una mamma e una adolescente

Ciascuno di noi è contento, giustamente, quando le cose vanno bene. Ma non va sempre così. A volte la vita riserva anche episodi nei quali, pur con tutto l’impegno e la passione che si sono riversati nella preparazione, si deve registrare un risultato negativo. Capita nello sport, capita nelle questioni serie della vita, capita anche nella pastorale. Chi mi conosce sa che non mi nascondo dinanzi a queste situazioni: sarebbe troppo facile far sapere a tutti di ciò che ha portato risultati buoni e nascondere le criticità. No, si deve avere la correttezza di leggere la realtà e dire chiaramente cosa va e cosa no.

Tanti inviti e non arriva (quasi) nessuno

Venerdì scorso arrivo in Oratorio a Telgate. Alle ore 20:45 è prevista la riunione di presentazione del percorso dei gruppi adolescenti settimanali del venerdì sera e della catechesi mensile degli adolescenti. È prevista la presenza dei genitori e, possibilmente, anche dei ragazzi. Circa sessanta lettere sono state portate nelle cassette della posta dei ragazzi la settimana precedente con l’invito a partecipare. In auditorium sono presenti, carichi e motivati come sempre, i giovani educatori e il catechista che con me lavora alla catechesi adolescenti. 20:45, 20:50, 21.. il quarto d’ora accademico è passato. Arriva Ida con la figlia Chiara, che inizia il quarto anno di scuola superiore. Resteranno l’unico genitore e l’unica adolescente presente.

Comincio a cambiare espressione, mi irrigidisco. Penso ad alcune persone che nei bar i giorni prima dicevano che per i ragazzi in oratorio si fa troppo poco o che servirebbe avere tanti incontri con esperti, pedagogisti e psicologi di alto livello, per capire i figli. Dove sono? Perché non vengono nemmeno ad ascoltare la proposta? Che esempio danno ai figli? Guardo i miei giovani, con la proiezione sul telone preparata con tanta cura pronta per l’utilizzo, mi piange il cuore. Medito di dire che possiamo andare. E

La lezione dei miei collaboratori

qui si apre lo spazio del dono. Mi alzo per dire la frase lapidaria che chiuderà l’assemblea quasi deserta e i miei giovani mi dicono: “dai don che facciamo lo stesso la presentazione. Serve a noi!”. Ebbene sì. I miei ragazzi mi hanno dato una bella lezione. E mi cambiano la serata. Apriamo la scatola con le brioches al cioccolato che Federica aveva preparato per i presenti e le sgranocchiamo mentre Luca, con impegno, presenta il percorso a noi educatori, a Ida e Chiara. Ci fa pure ridere, e ridiamo di gusto. Pensavo di aver buttato una sera. E invece no. Ero con i miei giovani, che mi hanno insegnato a imparare dalle sconfitte, che hanno voluto fermarsi per ridire il senso del loro essere in oratorio, del loro vivere la loro fede anche in quel luogo, della volontà di capire gli errori fatti, magari anche nella comunicazione in vista della riunione, per riprendere a camminare.

Grazie ai miei ragazzi. Carichi, con umiltà, con la gioia nel cuore e con fede, proseguiamo il lavoro. In fondo, è Dio che fa crescere. Noi facciamo il possibile per collaborare con Lui e custodire il suo sogno per l’umanità.