Sinodo, padre Giacomo Costa: “Può aiutare la Chiesa a ritrovare un dinamismo giovanile”

Il tema della XV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si svolge in Vaticano dal 3 al 28 ottobre 2018, è “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Un tema attuale, forte, fermamente voluto da Papa Francesco, presidente dell’assemblea sinodale. Due i segretari speciali di questo importante evento: il padre gesuita Giacomo Costa e il sacerdote salesiano Rossano Sala.
Abbiamo intervistato Padre Giacomo Costa, direttore dal 2010 del mensile “Aggiornamenti Sociali”, nato a Genova nel 1967, presidente della Fondazione Culturale San Fedele di Milano e vicepresidente della Fondazione Carlo Maria Martini, che ci chiarisce il significato profondo di questo Sinodo, che Bergoglio ha definito “Sinodo per e di tutti i giovani”, e le attese del mondo cattolico.
Padre Costa, emblematico il tema del Sinodo appena iniziato: “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Ce ne vuole parlare?
«Alla base del Sinodo – e del suo titolo che contiene alcuni termini non facili da comprendere – sta un profondo desiderio di cura dei giovani, che è parte integrante e fondamentale della missione ecclesiale di annuncio del Vangelo. Il primo obiettivo è di crescere come Chiesa nella capacità di accompagnare ogni giovane, nessuno escluso, verso una vita in pienezza; allo stesso tempo è forte anche la consapevolezza che “uscendo” verso i più giovani, la Chiesa stessa potrà riacquistare un “rinnovato dinamismo giovanile” e riscoprire in che modo può essere concretamente anima, luce, sale e lievito del nostro mondo.
L’interrogativo di fondo ha più precisamente a che fare con il percorso con cui i giovani del mondo contemporaneo affrontano le scelte fondamentali della vita: il matrimonio e, per i credenti, il sacerdozio o la vita religiosa; ma anche l’impegno politico e sociale, la professione, il volontariato, gli stili di vita e di consumo. La domanda, inoltre, investe anche il modo con cui accompagnare i giovani in questo percorso, e dunque coinvolge direttamente e mette in discussione gli adulti e le comunità. Da ciò si può cogliere come la portata del Sinodo sia tutt’altro che esclusivamente intraecclesiale. I temi del rapporto tra generazioni e di come fare realmente uno spazio ai giovani oggi riguardano tutta la società e non solo la comunità cristiana».
Il Sinodo dei Vescovi contribuirà a dare slancio nel cambiare il rapporto tra la Chiesa e i giovani, considerato che il Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo del 2017 ha mostrato come nel giro di quattro anni la percentuale dei giovani che si dichiarano cattolici sia passata dal 56% al 51%?
«Le statistiche non raccontano mai tutta la complessità di un fenomeno ma certamente sono indicative di una tendenza. E la tendenza è innegabilmente quella di una crescente sfiducia e di una difficoltà di comunicazione tra i giovani e la Chiesa. Aggiungerei che, prima ancora del dichiararsi appartenenti o meno alla Chiesa cattolica, colpisce il fatto che, stando a quanto emerge dai questionari online, anche Gesù a volte è sentito dai giovani come lontano, quasi un supereroe che però non ha molto a che fare con la vita ordinaria. Tuttavia, ne sono convinto, non si tratta di un distacco irreversibile: molti giovani continuano a essere portatori di domande e di sensibilità autenticamente spirituali, e non sono pochi quelli che cercano una Chiesa autentica e relazionale, che sia vicina e lasci trasparire nei suoi gesti concreti la speranza di Gesù risorto. La questione investe allora la capacità della Chiesa e dei suoi rappresentanti di presentarsi come interlocutori credibili dei giovani. Se la Chiesa vuole evitare che il tesoro della fede risulti irrilevante per un’intera generazione, è importante individuare gli opportuni processi di rinnovamento, di sperimentazione e in ultima analisi di conversione delle comunità ecclesiali. E il Sinodo ha proprio questo compito».
I ragazzi fanno fatica a trovare la propria vocazione, anche lavorativa. Che cosa potrebbe fare la Chiesa in tal senso?
«Il Documento preparatorio e l’Instrumentum Laboris indicano già molto chiaramente alcuni percorsi possibili: un ascolto autentico, una relazione basata su trasparenza e coerenza, un accompagnamento umano e spirituale che valorizzi quell’antica pratica della Chiesa, che papa Francesco sta rimettendo al centro dell’attenzione, ovvero il discernimento. Accompagnare un giovane in un “discernimento vocazionale” significa offrirgli la disponibilità a essere con lui in un cammino tutt’altro che lineare e semplice. È un percorso che conduce ogni ragazzo e ragazza a fare chiarezza e verità su se stesso, a mettersi in gioco di fronte alle sfide quotidiane, a riconoscere e scegliere il contributo che sente in profondità di poter dare; e questo tocca le sue relazioni e le sue scelte affettive, il suo impegno professionale e di cittadino, il suo stile di vita e il rapporto all’ambiente in cui vive. Accompagnare significa poi allo stesso tempo aiutare i ragazzi a cogliere la profondità che la luce della fede dà a questo cammino e la forza della speranza che essa comunica».
Con la costituzione apostolica “Episcopalis communio”, firmata il 15 settembre 2018 Bergoglio ha ritoccato le regole per le assemblee dei vescovi. I Sinodi saranno il risultato di un’estesa consultazione dei fedeli nelle diocesi e la Segreteria generale sarà in qualche modo coinvolta e presente anche nella fase attuativa. Il Santo Padre vuole rendere stabile il coinvolgimento del popolo di Dio nelle assemblee del Sinodo dei vescovi?
«Certamente! Papa Francesco sta trasformando il Sinodo, tutti i Sinodi, da eventi puntuali a processi ecclesiali di discernimento, articolati nei passi che l’Evangelii gaudium chiama “riconoscere”, “interpretare”, “scegliere” e quindi una fase seria presinodale di ascolto del popolo di Dio (e anche oltre), il tempo di celebrazione del Sinodo per approfondire e scegliere i passi da compiere e una fase postsinodale di applicazione e di conferma. Se il Sinodo rimane ufficialmente “dei Vescovi”, per il loro ruolo di pastori, non può non diventare un evento che coinvolge tutta la Chiesa. L’evoluzione non è ancora terminata: se si è fatto molto in termini di preparazione, il format dell’Assemblea di ottobre resta in larga parte quello tradizionale e la fase dopo il Sinodo è tutta da inventare. In ogni caso la direzione imboccata è molto chiara e spero che l’approvazione della nuova Costituzione apostolica faciliterà questo cambiamento di mentalità».
Il Sinodo dei vescovi fu istituito il 15 settembre 1965 dal Beato Papa Montini e proprio Paolo VI sarà canonizzato in Vaticano il prossimo 14 ottobre con Monsignor Oscar Arnulfo Romero, durante i lavori dei Padri Sinodali. Coincidenza o è voluto?
«Non conosco le motivazioni della decisione del Santo Padre; tuttavia, casuale o voluta che sia, vi è un’indubbia relazione fra gli eventi ricordati. La radice comune è il grande evento del Concilio Vaticano II: la decisione di Paolo VI di istituire il Sinodo fu una risposta al desiderio di mantenere viva l’esperienza del Concilio, in cui avevano potuto esprimersi culture e spiritualità diverse, cercando prospettive concrete per consentire alla Chiesa di procedere nel suo cammino. Allo stesso modo, l’impegno di Mons. Romero per approfondire il rapporto tra evangelizzazione e promozione umana, e il suo desiderio di affrontare i problemi concreti delle persone non possono non ispirarci. Aggiungo che il 14 ottobre, altrettanto significativa anche se meno conosciuta, ci sarà la canonizzazione anche di Nunzio Sulprizio, un giovane operaio abruzzese, morto a Napoli nel 1836 dopo una lunga malattia derivante anche dal suo mestiere di fabbro: ci aiuterà a ricordare tutti i giovani messi da parte o sfruttati nei luoghi di lavoro.
Senza dubbio, dunque, affideremo gli esiti del Sinodo all’intercessione di questi nuovi santi!».