Chiesa e social network: «L’anonimato ci cambia. C’è il rischio di perdere contatto con la realtà»

Mondo interconnesso, cellulare sempre a portata di mano e persone sempre attive sui social: il quadro generale della società è ormai noto, ma come dovrebbe rapportarsi la Chiesa con un simile contesto?
Fare a meno dei social network sembra ormai impossibile anche per la Chiesa. Sono molti, infatti, gli oratori che possiedono una loro pagina Facebook o una pagina Instagram. Persino Papa Francesco ha il suo account twitter, un gesto che ha stupito piacevolmente molte persone, ma da cui non tutti sono rimasti ammaliati.
Chiedendo ai giovani e agli adulti di esprimere il loro pensiero su come la Chiesa dovrebbe rapportarsi con il mondo dei social network, le opinioni raccolte sono discordanti e i pareri spaziano da un estremo all’altro: da “La Chiesa deve inevitabilmente inserirsi meglio in tale contesto” a “la Chiesa dovrebbe continuare a utilizzare i canali di comunicazione tradizionali, i social non sono il suo campo”.
Tra i giovani c’è chi preferirebbe una comunicazione anche tramite i social per segnalare degli eventi o per dare qualche spunto di riflessione, ma anche chi non vede la necessità di utilizzo di tali canali informativi. “La Chiesa sui social network non funzionerà mai. – risponde una ragazza – Nessun giovane andrebbe a cercare degli account ecclesiali per rimanere informato. Le piattaforme social servono per svagarsi. Se la Chiesa desidera comunicare, lo continui a fare tramite i mezzi di comunicazione tradizionali come i giornali, le radio o le emittenti televisive”. Nonostante le opinioni diverse e il desiderio di canali informativi diversi, tutti i giovani consigliano come forma di comunicazione foto e video, piuttosto che articoli o testi che porterebbero via molto tempo per via della lettura.
“I giovani desiderano video e foto perché sono più incisivi. – spiega un insegnante – Il problema, però, è la loro mancanza di spirito critico. Spesso non sono in grado di rielaborare le informazioni ricevute e farle proprie quindi non so quanto sia utile per la Chiesa utilizzare i social. Sicuramente andrebbe studiata una strategia comunicativa che non lasci nulla al caso”. Oltre alla preoccupazione di non riuscire nella trasmissione del messaggio desiderato, tra le opinioni degli adulti emerge anche la paura che la Chiesa possa perdere il contatto umano. “Non utilizzo i social network, –racconta una mamma- ma credo che sia un buon mezzo per comunicare con i giovani. Bisogna fare molto attenzione, però, perché la Chiesa deve innanzitutto concentrarsi sul rapporto umano. Se si riesce in questo, è tutto molto più semplice”.
“Odio i social network – risponde una nonna – Non li sopporto perché mi accorgo che i miei nipoti perdono il contatto con la realtà e la Chiesa farebbe bene prima a interrogarsi sui rapporti reali che ha, prima di addentarsi nei social”.
Altre opinioni degli adulti, però, vertono nel senso opposto: non solo trovano che sia giusto che la Chiesa utilizzi i social network, ma che scegliere di rinunciare a tali mezzi di comunicazione sarebbe un errore, un segno di noncuranza del mondo che la circonda e di una mancanza di volontà di stare al passo coi tempi.
Le diverse opinioni hanno mostrato le due facce della medaglia: da una parte la necessità di comunicare in tutti i modi possibili come ormai la società si è abituata a fare, dall’altra la paura che ciò comporti la noncuranza del rapporto umano di cui la Chiesa sembra una delle poche e ultime custodi.
Oltre a tali spunti di riflessione, si può anche riscontrare la timidezza degli intervistati. La domanda “Cosa ne pensi della Chiesa sui social network?” desta imbarazzo, soprattutto se gli viene richiesto di poter riprendere in video la risposta. La sensazione che si percepisce non è solamente quella di non voler addentarsi in un argomento che non si desidera trattare, ma soprattutto una mancata volontà di assumersi la responsabilità di ciò che si risponde. Molti degli intervistati, infatti, hanno rinunciato per via della richiesta di essere ripresi e alcuni di loro modificano leggermente la loro risposta all’accensione della videocamera. Una considerazione che porta a un inevitabile spunto di riflessione: i social ci hanno abituati all’anonimato rendendoci liberi di esprimere ogni concetto senza imbarazzo, ma allo stesso tempo ci rendono incapaci di esporci. Non si ha paura della propria opinione, ma del giustizio altrui sui propri pensieri.