Paolo, nuovo presidente della Fuci di Bergamo: “L’Università è il momento giusto per creare legami e pensare in grande”

Si viene e si va,  per anni una delle immagini che ha caratterizzato la mia esperienza fucina è stata quella della porta. La porta di Sant’Agostino da cui passare per andare a lezione, le porte delle aule, della biblioteca, delle sale delle riunioni, della Cattedrale, del Seminario e infine la più importante, guarda caso in Via Porta Dipinta.

In questi anni universitari ho avuto la fortuna di avere una porta sempre aperta, da cui entrare, uscire, ma anche lasciarmi provocare rimanendo “Sulla Soglia”,  oltre quell’uscio ho potuto coltivare le mie passioni, tessere legami, lasciare parte di me e prendere da altri. Ho avuto le chiavi del mondo racchiuso in quelle stanze e ora, che mi accingo a varcare nuove porte,  è giusto passarle a qualcun altro.

Il mio mandato da Presidente si è concluso la scorsa estate e le chiavi sono state passate a Paolo,  22 anni della Parrocchia di Redona, e studente dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose. Sono andata ad intervistarlo per vedere come se la sarebbe cavata con i primi impegni ufficiali, oneri e onori di questa carica che per quanto possa sembrare piccola, si dimostra impegnativa.

Inizia subito dicendomi che ha ancora ben presente cosa possa significare svolgere questo ruolo,  ma sta iniziando a capire tuttavia che essere responsabili di qualche gruppo o associazione non significa proiettare il proprio carattere o le proprie idee su una realtà che esiste prima di te, perché ci si trova inseriti semmai in un progetto più grande, una missione iniziata da qualcun altro e discernere i metodi con cui fare questa proposta nella situazione contemporanea. Il segreto è mantenere un  duplice atteggiamento: di dialogo con le realtà con cui si ha a che fare e di rispetto nei confronti degli ideali proposti da chi ti ha preceduto.

Essere giovani e assumere incarichi nella Chiesa e nel mondo universitario è un’esperienza singolare, per quanto riguarda questo Paolo mi dice che spera di dare all’universita  la testimonianza di un impegno sociale-pastorale da parte di alcuni studenti, compagni e giovani come loro  e la possibilità di vivere questo momento come occasione per pensare in grande, fare progetti e sentirsi inseriti dentro una comunità.

Infine crede che ogni esperienza fornisca un paio di occhiali per leggere la realtà circostante, cioè una chiave di lettura appunto con cui interpretare le cose che ci vengono incontro.

Mi sembra davvero interessante e fondamentale la proposta fucina di quest’anno accademico, proprio perché penso che la Fuci serva proprio a leggere l’ambiente universitario come luogo di ricerca a 360 gradi e siccome nessuno di noi è un tuttologo, questo richiede un ciclo continuo di incontri con altre persone (professori, studenti e non solo) che studiano e pensano cose diverse dalle nostre nostre. Questo stile mi sembra in un’ultima analisi coerente con il Vangelo che rimane il nostro primo riferimento.

Al mio fucino, ora presidente, e amico Paolo auguro davvero il meglio per questo anno accademico, sarà impegnativo, ma sono certa che le chiavi della mia casa sono in buone mani e se avrà bisogno di qualcuno dall’altra parte della serratura, al suono del campanello saprà di trovare me. Buon lavoro Paolo, ti auguro che la Fuci ti regali almeno il doppio di quanto ha donato a me.