Il selfie «privato» di Salvini e della Isoardi. La democrazia in crisi

Se il grande poeta latino Tito Lucrezio Caro vivesse oggi, al tempo di Instagram, alla vista dell’ormai celebre selfie di Isoardi-Salvini, non scriverebbe più nel De rerum natura “post coitum omne animal triste”. No! forse scriverebbe: “omne animal obtusum”, traducibile in italiano con “ottuso”, ma anche con il sostantivo “ebete”. E forse aggiungerebbe al “post” anche un “ante”: anche prima!. Cioè sempre. Peggio che una scena del Grande fratello. Pare che lì, almeno, tirino la tenda qualche volta, per velare scene e recite vietate ai minori.

Non morale privata, ma etica pubblica

Dite che sono un bigotto moralista? Nooo! La scena dei Due su Instagram è persino tenera e castissima, non scandalizza nessun adulto. Fluisce ben altro dagli schermi, macro e micro! Qui la questione non è di morale privata, ma di etica pubblica. E’ qui che fa capolino la “ebetudo mentis”. Perché saltano completamente le barriere protettive che separano il privato dal pubblico. Tanto più fragorosa la caduta di questo muro, se, per di più, il privato non è un cittadino “normale”, ma un pubblico cittadino, un pubblico ufficiale. Di più, il Ministro dell’Interno! E’ in effetti un intreccio perverso: una privatizzazione del pubblico e una pubblicizzazione del privato. Del privato, in ciò che ha di più intimo: il corpo nudo, i sentimenti più profondi. Ma è anche una riduzione ad privatum di ruoli e funzioni istituzionali.

Libertà e pudore

Colpiscono molte cose di questo gesto. L’assoluta inconsapevolezza della posta di civiltà in gioco. Perchè questa sguaiata esibizione di sentimenti e di corpi ci porta fuori dall’etica pubblica liberale, che separa severamente la dimensione individuale da quella pubblica. Tale separazione è l’espressione concreta e metodica della libertà individuale. L’uomo è ontologicamente libero – salvo prove contrarie della neurobiologia – ma è fattualmente e praticamente libero, solo se il suo nucleo più profondo sfugge allo sguardo e perciò al controllo degli altri. Gli esseri umani non sono amebe trasparenti l’una all’altra. Solo nella mia solitudine murata sono libero e sono, pertanto, in grado di scalare io stesso quel muro e di andare verso l’altro, di cercare l’altro, di amare l’altro, di uscire da me stesso. Hegel nella Fenomenologia dello Spirito è riuscito a scolpire con parole straordinarie questa condizione umana paradossale e dialettica: “l’essere-presso-di sé nell’altro” (bei-Sich-selbst-Sein im Anderem”). Dove è chiaro che ogni Sé è l’Altro per gli altri Sé. C’è una difesa naturale della nostra solitudine/libertà: è il pudore. Il pudore è la difesa concreta della libertà. E’ la paura – ma questo lo ha già scritto Sartre – di essere sorpresi nella propria nudità. Oppure: “… appartiene all’essenza del pudore di essere una forma del sentimento di noi stessi, e in tale misura appartiene alla sfera dei sentimenti di sé. In ogni pudore, cioè, ha luogo un atto che si potrebbe chiamare ritorno su se stessi”. “Né Dio né l’animale possono provare pudore. Soltanto l’uomo non può farne a meno”. Ma questo lo ha già scritto Max Scheler in Pudore e sentimento del pudore. Ilpudore è il custode della nostra fragilità e della nostra finitudine.
Esprime la paura che la cittadella interiore venga espugnata e tu perda la sovranità su te stesso. Perché, a quel punto, cessi di essere “in-dividuus”, atomo non ulteriormente frammentabile, sei spezzato e dissolto nella tua unità ontologica. Cosa impedisce a questo punto la costruzione di un Panopticon mediatico, di cui il Grande Fratello è solo un piccolo e volgare assaggio? Non è questa la base del totalitarismo? Non è attraverso la nudificazione sistematica che nei Gulag e nei Lager si spezzavano gli esseri umani?

Democrazia a rischio

Sento levarsi mormorii: esagerato! Che c’entrano quei due ragazzi disarmati sotto le lenzuola con i Gulag? Che c’azzecca – per citare la nota espressione di un altro maÎtre à penser – tutto questo po’ po’ di costruzione moralistico-speculativa sulla pelle – anzi sull’epidermide – di Salvini e Isoardi?  Non è una lamentela antica questa? Qualcuno non immemore di poeti greci potrebbe citarmi Teognide di Mègara, che nel VI secolo avanti Cristo denunciava in una sua Elegia: “Ecco, ormai, ogni senso del pudore è scomparso fra gli uomini e l’impudenza si aggira per il mondo”.

Il problema è proprio questo: che né i Due né i loro numerosi seguaci (pardon, follower!) ed elettori si rendono conto della pregnanza ideologica totalitaria di quel gesto. E non certo perché non hanno mai letto Sartre. Semplicemente respirano lo spirito del tempo. Se il privato e il pubblico sono divenuti indistinguibili, se la politica è solo la continuazione della conversazione  quotidiana con lo stesso lessico, se le istituzioni di governo si trasformano in quinte di un avanspettacolo, allora la nostra democrazia è a rischio. Convincetemi del contrario!