Avvento, tra attesa e paure


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte…” (Vedi Vangelo di Luca 21, 25-28.34-36. Per leggere i testi liturgici di domenica 2 dicembre, prima di Avvento “C”, clicca qui)

Ritorna l’avvento, tempo di attesa. I temi che dominano la prima domenica di avvento, riprendono quelli che hanno segnato le ultime domeniche dell’anno liturgico appena concluso. Intanto al vangelo di Marco, che aveva dominato l’anno liturgico precedente, subentra il vangelo di Luca che racconta, a modo suo, in questa prima domenica, quello che ci aveva raccontato Marco: la “fine delle cose”, gli “ultimi avvenimenti”. Così l’inizio dell’attesa del Bambino di Betlemme inizia con l’attesa di quello che avverrà. Quel Bambino che aspettiamo sarà anche il Signore della storia che incontreremo “alla fine”.

La fine della città santa, la fine di tutto e l’incontro

In Marco si trovavano immagini che si riferivano alla fine di Gerusalemme, distrutta nel 70 dopo Cristo, che si mischiavano con le immagini delle fine delle cose: la fine della città santa era diventata l’immagine anticipatrice della fine del mondo. In Luca, che scrive dopo Marco e dopo la distruzione della città santa, i due eventi si distinguono più nettamente e si allunga il lasso di tempo che deve intercorrere fra la fine della città santa e la fine del mondo. Il brano di oggi riguarda la fine del mondo e non la fine di Gerusalemme della quale ha parlato nei versetti immediatamente precedenti. L’orizzonte si allarga a tutte le nazioni della terra.

Ma, come in Marco, anche in Luca la fine delle cose coincide con l’incontro con il Signore. I discepoli del Signore non devono spaventarsi: quando, alla fine, si verificherà lo sconvolgimento del cosmo, non dovranno spaventarsi: la loro liberazione è vicina.

Nonostante i tempi della fine si allunghino, resta viva la necessità di non rilassarsi nell’attesa. Nessun giudizio e nessuna minaccia: soltanto bisogna vivere correttamente nella quotidianità della vita e nella preghiera incessante per comparire davanti al Signore.

Buttare il cuore oltre l’ostacolo

Il suggerimento sul “da farsi” non dobbiamo immaginarlo: ce lo dice il vangelo stesso. Si tratta di due verbi: “state attenti a voi stessi” e “vegliate in ogni momento pregando”. Dunque: un ritorno a noi e uno sguardo davanti a noi. Un tornare al cuore e un buttare il cuore oltre l’ostacolo. L’attesa dell’avvento inizia dunque con un circolo virtuoso fra ciò che abbiamo e ciò che ci viene donato, fra noi, le nostre pesantezze e lui, l’atteso delle genti.

Stiamo attraversando momenti di grandi paure: paura della natura che, con le sue catastrofi, ci spaventa; paura degli altri che spesso ci appaiono nemici e aggressivi. I nostri cuori, nei termini del vangelo di oggi, sono appesantiti dagli affanni della vita. Spesso siamo poveri e ci attacchiamo disperatamente al poco che abbiamo; talvolta siamo ricchi ma incapaci di accorgerci degli altri: ricchi di cose e poveri di cuore.

L’avvento è invito a guardarci dentro per prendere atto delle nostre paure e delle nostre chiusure e a guardare avanti per incontrare il cuore di colui che ci si fa incontro e si dona, generosamente.