Amos Oz, uno scrittore a servizio della giustizia e della pace

Il 28 dicembre scorso, a causa di un tumore, è scomparso il settantanovenne Amos Oz. Scrittore israeliano tra i più conosciuti e apprezzati, autore  di 18 libri, tradotti in diverse lingue estere. Impegnato, in prima persona, per la soluzione del conflitto israeliano-palestinese, sempre al servizio della sua terra, dal kibbutz alle battaglie civili, Oz non ha mai smesso di denunciare l’escalation militare verso i palestinesi e di promuovere la linea del dialogo. Se ne va un gigante morale e intellettuale. Un uomo forte. Un combattente di pace.

Oz in ebraico vuol dire forza, concetto che fortemente ha accompagnato la vita dello scrittore, e soprattutto la sua giovinezza. Amos nacque a Gerusalemme nel 1939 da una famiglia colta, benestante e laica, originaria dell’Europa orientale. La sua esistenza è stata segnata indelebilmente dal suicidio della madre, culmine di un lungo periodo di forte depressione, quando Amos aveva appena dodici anni, e, sul versante opposto, dal contrasto con il padre, un intellettuale vicino alla destra ebraica. È proprio da queste esperienze biografiche, nonché dal conseguente dissidio interiore, che Amos aderì al partito laburista israeliano e andò a vivere nel kibbutz di Hulda, cambiando il suo cognome da Klausner ad Oz, nell’accezione ebraica di forza.

Dopo il servizio militare nella brigata Nahal, studiò filosofia e letteratura ebraica all’Università  di Gerusalemme. L’esperienza sotto le armi, prima con la leva obbligatoria, poi durante la Guerra dei Sei Giorni nel 1967 e quella dello Yom Kippur nel 1973, lo portò ad essere un attivo fautore del dialogo tra israeliani e palestinesi, convinto sostenitore di una linea di dialogo tra i due stati.

Tra i suoi scritti più famosi vi è l’autobiografia “Una storia di amore e di tenebra”, edita nel 2002, che racconta le vicende della famiglia Klausner, accompagnate, sullo sfondo, da eventi storici come la nascita di Israele, la guerra di indipendenza, gli attacchi dei feddayin e la vita nei kibbutz. Il suo secondo romanzo, “Michael mio”, pubblicato nel 1968, racconta la crisi di un matrimonio tra gli anni Cinquanta e Sessanta a Gerusalemme mentre “Una pace perfetta”tratta della difficile convivenza tra due generazione in un kibbutz, alla vigilia della guerra dei sei giorni del 1967.

I suoi scritti hanno influenzato generazioni di israeliani, di ebrei e di persone in tutto il mondo. Una lingua ricca e originale, la sua forza morale e, soprattutto, la sua lotta per la giustizia e la pace saranno l’eterna, indelebile, eredità di Amos Oz. Il lascito senza tramonto di un gigante della letteratura, di un gigante dell’anima.

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