Firmato dal Papa e dal Grande Imam il “Documento sulla fratellanza umana”. Intervista a Yahya Pallavicini, presidente della Coreis italiana

Un Documento “storico” di “grande ispirazione e concretezza”. Un testo di riferimento che definisce principi di libertà e diritti. Una Dichiarazione dal “peso enorme” perché toglie ogni possibilità futura di altre interpretazioni e ambiguità. Con una certa “emozione” (confida), da Abu Dhabi, l’imam Yahya Pallavicini, presidente della Coreis italiana, commenta al Sir il “Documento sulla fratellanza umana” che Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Muhammad Ahmad al-Tayyib, hanno firmato insieme. Un impegno solenne che i due leader religiosi hanno sottoscritto al termine della “Global Conference of Human Fraternity”, che dal 3 al 5 febbraio ha riunito 700 capi religiosi di tutto il mondo.

Nel ribadire l’importanza del ruolo delle religioni nella costruzione della pace mondiale, il Documento affronta punto per punto i nodi nevralgici della convivenza pacifica e del dialogo tra le religioni. Temi chiave, che per secoli hanno provocato sofferenze e ingiustizie, come la libertà di credo; la protezione dei luoghi di culto (templi, chiese e moschee); la condanna del terrorismo; il concetto di “piena cittadinanza” e la rinuncia all’uso discriminatorio del termine minoranze; i diritti delle donne.

 

Pallavicini, partiamo dal punto sulla libertà. Il Documento condanna il fatto di costringere “la gente ad aderire a una certa religione o a uno stile di civiltà che gli altri non accettano”. Un punto delicato, purtroppo disatteso in molte parti del pianeta. Cosa cambierà in futuro?

È un punto fondamentale, perché restituisce da religiosi il valore sacro della libertà e la comune adesione di musulmani e cristiani all’affermazione che in virtù della libertà non è assolutamente possibile violare la libertà altrui. La libertà è un diritto di ogni essere umano che va rispettato in quanto credenti e in quanto buoni cittadini. È uno dei punti fondamentali, per cui d’ora in poi non c’è più alcuna possibilità di barattare o di opprimere la libertà dell’altro. La si deve rispettare.

 

Altro punto toccato dal Documento è la condanna al terrorismo. Quanto pesano la voce di Francesco e quella del Grande Imam di Al-Azhar, soprattutto, nel mondo arabo?

Questo punto suggella dichiarazioni costanti di Papa Francesco e dichiarazioni che anche al-Tayyib e altre autorità islamiche del mondo hanno fatto nel corso di questi anni. Però qui lo fanno insieme. Sottoscrivendo un Documento congiunto, si chiude definitivamente qualsiasi possibilità di confusione dove uno possa in nome di un Dio o in nome di una presunta religione organizzare una criminalità violenta a discapito della vita di un popolo o di una persona. Per noi credenti era scontato, però è stato necessario sancirlo con una incisività che non ho mai visto prima.

 

D’ora in poi non c’è più spazio per qualsiasi mistificazione della religione o divinità che possa legittimare una violenza.

Quanto la voce di Papa Francesco e dello sceicco al-Tayyib sono ascoltate, in un contesto arabo e su temi come la libertà religiosa, la protezione dei luoghi di culto, il diritto delle donne e la condanna al terrorismo?
C’è una speranza forte e la prima ragione che ci spinge a sperare è regionale.
È rilevante che la Conferenza e questa Dichiarazione siano state fatte negli Emirati Arabi Uniti, alla presenza di rappresentanze religiose di tutto il mondo arabo e dello sceicco di al-Azhar che è la massima autorità sunnita e anche un’autorità in Egitto. È rilevante il fatto che nella regione medio-orientale araba, l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti hanno vissuto in modi differenti l’illusione e la manipolazione dell’Islam politico fondamentalista e ne hanno preso radicalmente le distanze, condannando qualsiasi strumentalizzazione dei movimenti fondamentalisti o, addirittura, del terrorismo di al-Qaeda e del sedicente Califfato.

 

Il Documento tocca anche la questione della cittadinanza e delle minoranze. Pallavicini, possiamo sperare per una vita migliore per i cristiani che vivono in Medio Oriente?

Questo Documento è una dichiarazione pubblica, anche mediaticamente sostenuta. Se un politico o un governatore dovesse scivolare o discriminare in maniera disonesta una minoranza cristiana, di fatto sarà evidente a tutti che tradisce questo Documento. Tra l’altro vorrei sottolineare come il Documento in realtà chieda di rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze perché – si legge – porta con sé “i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità”. Si è quindi posto un argine. Nessuno potrà più dire che la sua è un’interpretazione dell’Islam o una necessità politica nazionale. Da oggi, è sancito un principio condiviso da tutti.

 

Insomma, lei sta dicendo che da oggi non ci potrà più essere alcuna legittimazione a qualsiasi forma di discriminazione e sopruso della libertà individuali?

Diciamo che da adesso in poi lo spazio per l’ambiguità è finito.
Non c’è più possibilità di essere ambigui. Come ha detto Papa Francesco, qui si parla di “alterità”. Significa che dobbiamo rispettare l’altro nella sua diversità, camminare insieme uniti e scoprire che l’altro – sebbene usi una grammatica diversa e un metro d’interpretazione diverso – mi è fratello. Chi dovesse manipolare o disattendere questi principi, significa che vuole fare il furbo e cavalcare l’ambiguità di prima.

 

@AgenSir