Educatori e seminaristi a confronto: l’oratorio si costruisce insieme, conta ciò che si fa ma anche ciò che si è

“Canzone preferita?” “L’isola che non c’è”
“Hobby?” “Leggere”
“Film preferito?” “Mission”.
Tre passioni differenti, tre seminaristi e un’intervista a più voci per raccontare il loro ruolo in oratorio. Un ruolo che si gioca su ciò che si fa, ma anche su ciò che si è. Un seminarista in oratorio è chiamato non solo a dare una mano, ma anche a crescere e maturare come persona, proprio come ciascuno di noi. All’oratorio dell’Immacolata di Alzano Lombardo, vivono il loro servizio pastorale tre seminaristi al secondo anno di teologia. Marco, Matteo e Lorenzo danno il loro supporto alla comunità in diversi modi e si mettono in gioco nell’oratorio con sogni e prospettive per il loro futuro.

Durante le loro attività, i seminaristi si relazionano con la comunità e con i volontari come Michela, una studentessa di 24 anni impegnata nel ruolo di insegnante, a cui piace cantare e che adora il risotto alle fragole. Possono sembrare dettagli di poco conto, ma non lo sono. Sono proprio le caratteristiche originali di ogni persona, infatti, ad aiutare ad instaurare un rapporto reale e duraturo nel tempo. In un oratorio non si recita semplicemente una parte, non si va avanti indossando dei paraocchi, senza curarsi minimamente di chi si ha al proprio fianco. Essere e fare comunità è come creare una grande famiglia allargata in cui si condivide e si accoglie ogni persona così com’è.

“Dieci anni fa – racconta Michela – mi immaginavo come sono adesso, laureata e con il desiderio creare una famiglia. Quel desiderio c’è ancora e tra dieci anni mi immagino sposa e mamma”. Anche Lorenzo aveva già in mente un suo percorso “Volevo fare ciò che faceva il mio parroco” e Matteo, guardando al futuro, dà una risposta simile immaginandosi in un oratorio a prendersi cura dei più piccoli. Ciò che ha spinto Marco a diventare seminarista, invece, è “il desiderio di seguire il Signore nel cammino che sta tracciando nella mia vita. Desiderio che è cresciuto con me e con la mia fede, giorno dopo giorno, nella semplicità cercando il Signore in tutto quello che vivevo”.

Oltre a dare importanza alle persone, è importante anche capire ciò che un luogo come l’oratorio può rappresentare e può dare a coloro che lo abitano. “L’oratorio per me è una seconda casa – spiega Michela – da sempre, da quando venivo qui da piccola con i miei amici ed è il nostro punto di ritrovo anche se ora siamo un po’ cresciuti. Qui mi sento a casa”. Anche per Marco l’oratorio è una casa in cui c’è qualcuno disposto ad accoglierti e guidarti fraternamente. In un luogo vissuto come una casa è facile creare ricordi e crescere andando a sviluppare qualità che solo in quell’ambiente si possono ritrovare.

“Oltre ad amici e belle relazioni spero che gli adolescenti trovino persone adulte capaci di accompagnarle nel loro percorso di crescita” augura Michela ai ragazzi che frequentano l’oratorio, mentre Matteo ribadisce l’aspetto prezioso dell’informalità che consiste nello “stare in oratorio e parlare con la gente che viene e che va”, un modo speciale attraverso il quale si impara a prendersi cura dei più piccoli, a fidarsi degli altri e a collaborare con chi ci circonda. “Insieme – sottolinea Lorenzo – possiamo farci delle domande su cui è importante riflettere”.
I seminaristi ed educatori sono un dono prezioso pronto a rendere ancor più accogliente un oratorio chiamato casa.