I ülìv e ’l mar. E’ una poesia che mi è cara, che m’ha fatto contento di averla scritta, di sfida e di fortuna. La richiesta, al vincitore, di dedicare una poesia alla città è una buona pratica culturale del (bel) Premio di poesia Città di Ischitella. Questa poesia si è scritta per questo, anzi per i sò dintùregn.
“Ma tu le poesie le pensi in italiano o in dialetto?” “Io le poesie non le penso” direbbe Franco Loi “le poesie si scrivono, io sono quello che le scrive…”. Ma se la lingua è il luogo e il luogo è la lingua, come dice Alberto Belotti, cosa ci faccio io, con la mia lingua prima, di ronco e di valle prealpina, trai üliv e ’l mar?
Nel fare artistico che è la poesia, ama dire Franco Loi, non solo si porta alla coscienza tanta parte di noi, ma si cambia noi stessi, si cambia il rapporto tra noi e la profondità di noi. E’ quello che chiamiamo intuizione. Einstein dice che non si perviene alle leggi universali per via di logica, ma per intuizione. E l’intuizione non la facciamo noi, ma è possibile nel rapporto simpatetico, amoroso io direi, con l’esperienza… Ecco: l’esperienza di lingua vissuta con Ischitèla e dintùregn evoca, nella poesia di ri-conoscimento che mi si è scritta, l’intensità simpatetica (syn con, insieme pathos passione, sentire) che l’ha attraversata. Con le persone, con i luoghi e con la lingua, con le parole nuove dei luoghi. Quando si scopre che la propria lingua riesce a restituire parole alla sua storia con la sua presenza, i üliv, ol mar, (ma anche ol migrànt…) c’è di che essere contenti, è öna scalmana di universalità che pervade il racconto, sempre un poco affannato, dalle profondità.
È stata, questa poesia, anche fortunata in questi anni. Numerosi sono i riconoscimenti e le citazioni che ha ricevuto. L’ho trovata anche sulla locandina promozionale di un evento per olivicultori del centrItalia.
E le sono grato. Alla poesia, a Vincenzo Luciani e ad Achille Serrao che a Ischitella le hanno inventato la storia.
I ülìv e ’l mar per sentire
I ÜLIV E ’L MAR
(dintùregn de Ischitèla)
I gh’à ‘l püdùr
di ècc
i üliv.
I sbiassüga a bassa us
desfürtunade stòrie de surtida
e i sgrana
co la passiènsa lènta
del vènt
érde noéne de rosare
sènsa sguarsègn
gne müìda.
I sènte
n’di nòcc
presunére,
co i ghéde sbrendelade
i trida arsèle e fadiga
sö l’oradèl di roére
e ö celèst
che l’par ligéra biìda
l’sa fà tiòlo
sura ömar
besénfe
che del cél
no l’è che la ferida.
L’ par sèmper d’impruìs,
a la dé,
ol sentér di plòch
e l’imbràss
che l’sà de fèr
de la sgürlida.
GLI ULIVI E IL MARE
(dintorni di Ischitella)
Hanno il pudore
dei vecchi
gli ulivi.
Biascicano a bassa voce
sfortunate storie di sorgente
e sgranano
con la pazienza lenta
del vento
verdi novene di rosari
senza smorfia
ne mossa.
Li sento
nelle notti
prigioniere,
con i ventri sbrindellati
triturano conchiglie e fatica
sull’orlo degli smottamenti
e un celeste
che par leggera bevuta
si fa ittiolo
sopra un mare
tumido
che del cielo
non è che la ferita.
Pare sempre d’improvviso,
all’alba,
il sentiero dei sassi
e l’abbraccio
che sa di ferro
della scossa.
da RESISTÈNSE di Maurizio Noris
Edizioni Interlinea 2016 (Novara)