Ol zögadùr de ciche, il giocatore di biglie. Poesia di un pomeriggio d’estate

Ol zögadùr de ciche. Mi piacerebbe molto passare un pomeriggio d’estate a parlare di (e a giocare con le) biglie. Per coloro che sono stati bambini nella seconda metà del secolo scorso, soprattutto i bambini di paese, il gioco delle biglie non era un gioco ma un mondo, importante, accalorato, foriero di grandi possibilità per chi lo affollava, più ancora del mondo delle figü(rine), più esteso temporalmente ma umido e freddino.

Secondo la sociologia del lavoro dei socio-tecnici, io in quel mondo mi muovevo come un professionista; non solo conoscevo bene le specifiche mansioni del gioco (proporlo, fare la conta, giocare la biglia…..), non solo avevo in mano il mestiere con la acquisita conoscenza e competenza dei diversi modi di giocare, del ciclo produttivo del gioco (dall’idea di giocare al vincere altre biglie), ma sentivo di avere, a mio modo, anche un pensierosul gioco e sul lavoro da fare per giocare e per vincere. Un pensiero strategico, di chi sa come, dove, perché, quanto, con chi, giocare. Una strategia di relazione funzionale (di mercato), messa in atto al solo fine della buona  sopravvivenza in quel mondo, tipo: ti vendo le biglie, giochiamo, te le vinco, ti rivendo le biglie, se vuoi giochiamo di nuovo o cerchiamo qualcun altro  per farti recuperare un po’… Certo mi sentivo un professionista perché ero bravo e c’avevo la Mira…. un po’ come quella della Bella Signora per il suo Popolo….

Una cosa magica di quel giocare a cicheera che, con un certo livello di frequentazione, si inventava la lingua. E’ incredibile la quantità di parole nuove, esistenti solo dopo di noi, che venivano prodotte. Si dirà: è normale che ogni mondo produca il suo slang, però queste erano parole inventate col dialetto con cui eravamo nati e quindi a tutti gli effetti nuove parole della nostra lingua prima, di coltivazione alla lingua e alla sua natura. Non solo il dare nome ai diversi tipi di gioco con le biglie (citati nella poesia),  ma anche parole nuove per ruoli, funzioni e compiti, nel gioco, per le regole, i posizionamenti, le dinamiche che questo giocare produce.

Tra le tante, la formula o bù predichì, tà, mia bù favvià la cica o, se de no, a i nèti, mette in evidenza la complessità del lavoro quando si gioca al gal e non la spiego, ma solo lei ha regalato quattro parole nuove, che io uso a me stesso e condivido con almeno un centinaio di miei, più o meno coetanei, in paese.

Un’altra bella cosa, per ol zögadùr de ciche, è che si allena tantissimo a costruire le regole e a trovare e condividere i modi per farle rispettare. C’era un che di rituale di cittadinanza da scrivere per cominciare a giocare. Il professionista che gioca tosto, che sceglie il campo, subito traccia e si mette d’accordo sulle regole, sulle formule, che permettono di giocare a tutti i bambini che hanno le biglie. E’ utile a tutti e serve per far valere la propria abilità.  A volte bastava gridare per primi mia bù raspì-raspù per disincentivare razzie sul campo dei non pochi aspiranti bulli che arrivavano a bande… A volte non bastava, ma le rare infrazioni (subite o fatte) ancora si ricordano.

Non sarebbe un pomeriggio estivo di nostalgia, ma di sostanza leggera, a ridare, tra noi, un nome nostro a delle cose.

OL ZÖGADÙR DE CICHE

A l’ péca ’l sul
sö i mé gambe bióte
tacade vià a du scarsèle
che ciòca
de ciche.

– Zöghe al gal
a muntunì
a passèta
a büsa, se ülì,
a córes dré
a girditàglia
o a ügì !

Gh’ó la cichina de sich
che lìbera sgula,
la cica de dés
che la tóca de sciura
e ’l cicù de vinte
compàgn d’ö martèl che töt l’i-spaca ! –

L’à mia fàcc gnamò
raspì raspù
l’ömbréa del cròv
in d’la mé éta
mé co i ciche
amò ach adèss
me se röspe
la michèta.

IL GIOCATORE DI BIGLIE

Picchia il sole
sulle mie gambe nude
appese a due tasche
che cioccano
di biglie.

– Gioco al gal
a muntunì
a passèta
a büsa,se volete,
a córes dré
a girditàglia
o a ügì.

Ho la biglina da cinque
che libera vola,
la biglia da dieci
che ha un tocco da signora
e il biglione da venti
come un martello che tutto spacca ! –

Non ha fatto ancora
la sua razzia
l’ombra del corvo
nella mia vita
con le biglie
ancora adesso
mi procuro
la michetta.

da Us de ruch di Maurizio Noris
Edizioni Lietocolle Como 2011