Josef Mindszenty, il “cardinale d’acciaio” dichiarato Venerabile da Papa Francesco

«In questo posto io monto la guardia per Dio, per la Chiesa, per la Patria». Sono le parole del cardinale Josef Mindszenty nella Messa di insediamento, il 7 ottobre 1945, come arcivescovo di Esztergom, sede primaziale dell’Ungheria (dal 1993 l’arcidiocesi è denominata Esztergom-Budapest).

Il 13 marzo scorso, Papa Francesco ha firmato il decreto con cui sono riconosciute le «virtù eroiche» del «cardinale d’acciaio», come era chiamato Mindszenty per la sua forza indomita. Con il decreto viene dichiarato Venerabile e si accelera il processo di beatificazione.

Mindszenty nasce il 29 marzo 1892 a Mindszent in una famiglia contadina. Ordinato sacerdote il 12 giugno 1915 per la diocesi di Szombathely, viene nominato viceparroco di Felsopathy, quindi docente di religione a Zalaegerszeg, grosso centro agricolo e commerciale. È un periodo critico per l’Ungheria: dopo il crollo dell’impero austroungarico (1918) prende il potere un governo rivoluzionario. A causa dell’impegno sociale e politico in opposizione al governo, Mindszenty viene internato nel palazzo episcopale. È arrestato una seconda volta durante il sanguinario governo filosovietico di Béla Kun. Caduto il regime, nel 1919 diventa parroco di Zalaegerszeg, sperimentando i ritardi della Chiesa ungherese nel rinnovamento pastorale e criticando l’anacronismo dei latifondi ecclesiastici.

Il 4 marzo 1944, quando l’Ungheria è occupata dalle truppe sovietiche, Mindszenty viene nominato da Papa Pio XII vescovo di Veszprém. Difende gli ebrei e scrive un documento collettivo di protesta al governo filonazista per le condizioni della nazione. Viene incarcerato e poi liberato. Il 15 settembre 1945 diviene arcivescovo di Esztergom e l’anno successivo cardinale. Avvia una energica attività pastorale e sociale, ma subito iniziano le vessazioni del governo filostalinista alla vita della Chiesa. Il «cardinale d’acciaio» risponde energicamente per difendere la Chiesa, la nazione e il popolo privato della libertà.

Il 26 dicembre 1948 viene arrestato con le farneticanti accuse di alto tradimento, cospirazione contro lo Stato, traffico di valuta e spionaggio. L’anno successivo, dopo torture fisiche, umiliazioni e distruzione psicologica, è sottoposto a un processo farsa, che si conclude con la condanna a morte, pena poi commutata in ergastolo. In Occidente si levano alte proteste, mentre i Partiti comunisti, compreso quello italiano, accolgono gli eventi con la logica manichea dell’allineamento a Mosca.

Viene liberato dal popolo durante la rivolta ungherese nel 1956. Durante la tragica repressione sovietica, si vede costretto a rifugiarsi nell’ambasciata americana. Nel corso dei decenni, il cardinale riceve diverse visite di prelati su incarico di Giovanni XXIII e Paolo VI. Nel 1971, accogliendo il desiderio di Paolo VI, parte per Roma, per poi trasferirsi nel Pazmaneum di Vienna. Compie visite pastorali agli ungheresi emigrati nel mondo. Le sue omelie, però, irritano il governo, che invia proteste alla Santa Sede.

Nel 1973 Paolo VI chiede a Mindszenty di rinunciare alla sua arcidiocesi. Il cardinale fa presente l’impatto negativo se ciò fosse avvenuto. Con dolore, il 5 febbraio 1974 il Papa dichiara vacante l’arcidiocesi di Esztergom. Il «cardinale d’acciaio» muore il 6 maggio 1975 e sepolto, per suo desiderio, nel santuario austriaco di Mariazell. Con il crollo del comunismo, nel 1990 il governo ungherese dichiara illegale il processo al cardinale e l’anno dopo la sua salma viene sepolta nella Cattedrale di Esztergom.