Le tentazioni nel deserto. L’uomo e il suo ricorrente sogno di onnipotenza

Foto: il deserto di Giudea (tra s. Giorgio in Koziba e Gerico)

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”» (Vedi vangelo di Luca 4, 1-13)

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La vita di Gesù: dalla tentazione nel deserto alla tentazione sulla croce

È l’inizio di quaresima e, da sempre, il vangelo propone drammatica di Gesù tentato dal demonio nel deserto. Il racconto di quest’anno è quello di Luca, il quale, anche questa volta, ci mette del suo. Intanto, un particolare, che è una specie di “firma” di Luca. Come si sa, nel terzo vangelo domina un movimento centripeto di Gesù verso Gerusalemme (da dove, poi, partirà un movimento “centrifugo”, da Gerusalemme verso il mondo, nel secondo volume di Luca: gli Atti degli Apostoli): Gesù va verso la città santa, dove, profeta degli ultimi tempi, subirà la morte. Questa idea direttrice si riflette anche nel modo con cui Luca racconta le tre tentazioni nel deserto. Mentre in Matteo l’ultima tentazione, quella decisiva, è la tentazione del potere, in Luca quella è soltanto la seconda, mentre l’ultima e decisiva è quella del pinnacolo del tempio. In Luca, dunque, anche le tentazioni, come tutto il resto, si concludono a Gerusalemme e, in questo vangelo, nel cuore di Gerusalemme, il tempio.

Tutte e tre le tentazioni sono una “messa alla prova”: il demonio saggia la fedeltà di Gesù. “Se sei figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane”. Il demonio è il “divisore”, colui che divide: con la prova nel deserto vuole dividere Gesù dal Padre. La prova consiste nell’invito a usare la propria forza per sé e non per gli altri, per la grandezza propria e non per la salvezza degli altri, gli uomini. È la stessa tentazione che tornerà alla fine, sulla croce. Il vangelo di oggi, in effetti, si conclude con una frase inquietante: il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato. Quando si appresta a narrare la passione e la morte, Luca racconta: Allora Satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era uno dei Dodici (Lc 22, 3). Il diavolo torna, dunque. Il punto più drammatico del ritorno di Satana è al momento della morte. Lì ci si imbatte nella frase simile a quella usata dal demonio nel deserto: Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso…, gli dicono i capi che lo hanno messo in croce.  Salva te stesso e anche noi…, gli dice il “cattivo ladrone”.

La vita pubblica di Gesù, dunque, si snoda da una tentazione all’altra, tra la prova del deserto e quella della croce. È la stessa prova di Adamo. Adamo cede alla prova e tenta di “essere come Dio”. Gesù, invece, il nuovo Adamo, respinge la tentazione. Il “divisore” non riesce a dividerlo dal Padre. Gesù resta figlio. Ha ricevuto tutto dal Padre, darà tutto agli altri, tutto: la vita stessa che ha ricevuto, la donerà senza riserve.

Noi tentati di essere “come Dio”

Gesù respinge il tentatore e il Padre, Dio, resta Dio. Noi, uomini di oggi, abbiamo smarrito il senso della presenza di Dio negli eventi della nostra storia. Quando Dio è dimenticato, gli uomini sono tentati, sempre, di prendere il suo posto. Quando questo avviene la volontà potente dell’uomo è tentata di diventare onnipotente, i desideri umani sono spinti all’estremo. Si ripete il peccato delle origini: siamo tentati di essere come Dio perché non abbiamo più un Dio al quale rendere conto. È una delle idee ricorrenti di quel grande visionario che è il grande scrittore russo Dostoevskij. Basterebbe pensare a Delitto e castigo.

Abbiamo di fronte la quaresima durante la quale tentare di scovare gli ambiti dove il sogno umano dell’onnipotenza si annida: la politica, il denaro, il potere… e altri ancora. Bisogna tornare a gridare che Dio solo è Dio. Allora, solo allora, la politica, il denaro, il potere… cesserano di essere forme di strapotere dell’uomo sull’uomo per tornare a essere le forme quotidiane nelle quali gli uomini possono cercare di vivere da fratelli.