Dio non castiga

In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» (Vedi Vangelo di Luca 13, 1-9).

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Gesù si confronta con due fatti di cronaca, due fatti drammatici. Pilato, il rappresentante di Roma, ha fatto ammazzare alcuni Galilei, mentre era in corso una cerimonia religiosa. È la prima notizia. La seconda è un incidente di lavoro: presso la piscina di Siloe, una torre era crollata e aveva fatto diciotto vittime. Alcuni sollecitano un parere da parte di Gesù. In una mentalità pesantemente “religiosa”, Dio è visto come il diretto responsabile di tutto ciò che avviene. Quindi, se Dio ha permesso la morte dei Galilei e degli operai che lavoravano presso la piscina di Siloe, significa che aveva delle buone ragioni dalla sua. E le buone ragioni sono facilmente intuibili: le vittime aveva nella loro vita delle mancanze che hanno provocato la reazione di Dio. Gesù contesta quella mentalità e cambia radicalmente il modo di guardare a quanto avvenuto.

I drammi diventano ammonimento

Intanto le due stragi sono frutto della ottusità politica (Pilato) o della imperizia sul lavoro (gli operai morti alla piscina di Siloe). Gesù “legge” i due fattacci come ammonimento. Bisogna cambiare vita perché, altrimenti, si rischia di soccombere come quei galilei, come quegli operai. Ma non si soccombe perché Dio interviene a “farla pagare”, ma perché, non avendo cambiato cuore, non avendo accolto nella loro vita la “bella notizia” annunciata da Gesù, gli uomini non si amano, rischiano, sempre, di cadere vittime delle loro stesse violenze.

La misericordia, paziente ed esigente, di Dio

Ma bisogna decidersi. Dio è padre, è misericordioso, è paziente. Ma la misericordia, alla fine, chiede di essere accolta. È la parabola del fico. Dovrebbe essere tagliato: è da tre anni che non fa frutti. Ma il padrone accetta di “cambiare parere” e rimanda la sua decisione. La misericordia di Dio rispetta le lentezze dell’uomo. Ma, proprio perché appassionato dell’uomo, il Padre deve far notare che la non accoglienza dell’amore fa sprofondare nel disamore. E allora si rischia di finire, come i disgraziati ammazzati da Pilato, come gli operai sepolti dal crollo della piscina di Siloe. “Se non vi convertite perirete tutti allo stesso modo”.

Più umanità

Dio non castiga. Dio salva, semmai. Se Dio è Padre, fa il padre, non il giudice e tanto meno il carnefice. Ma se l’amore, che ha la sua sorgente più alta nel cielo, non irrora la terra, la terra secca. L’amore di Dio fa diventare gli uomini più uomini. I credenti sono nel mondo per raccontare questa bella notizia. Se poi un torre crolla su degli operai non si deve immaginare che Dio prende gusto a castigare quegli operai. Se proprio lo si vuole vedere in gioco, lo si deve immaginare che anche lui piange per la morte di quegli innocenti.