La Via Crucis della resurrezione. Castelli e la speranza della rinascita dopo i terremoti

A dieci anni dal terremoto del 6 aprile 2009, che ha sconvolto L’Aquila ma ha segnato anche il territorio del teramano, Castelli compie un nuovo passo verso la ripresa e accoglie nella ristrutturata chiesa centrale di San Giovanni Battista, restata chiusa per molti anni, una Via Crucis artistica opera di Nino Di Simone che l’ha voluta donare gratuitamente alla sua comunità e benedetta sabato 13 aprile 2019 da mons. Lorenzo Leuzzi, vescovo della diocesi di Teramo-Atri.

L’arte povera in armonia con l’interno della chiesa, contraddistingue le 15 stazioni realizzate in materiale ceramico refrattario, colorate con ossidi di manganese e di ferro ed alcuni interventi al rosso di selenio e foglia d’oro zecchino per l’ultima stazione, la resurrezione, sistemata proprio sopra il fonte battesimale e di fianco al crocefisso che non dimostra i suoi quasi 700 anni ma porta ben visibili nella sua mano mutilata, i segni dei terremoti vissuti.

Le crepe del terremoto non si nascondono facilmente in questa località che dista solo pochi chilometri da Rigopiano, scenario di un’altra tragedia abruzzese, ed anche la dedica dell’artista a tutte le vittime di questi dieci anni ne è testimonianza.

“Questo è lo specchio delle sofferenze riportate”, le parole dell’artista Di Simone riferendosi a quanto vissuto in questi anni dalla comunità castellana, alla quale mancava una Via Crucis nel luogo di culto, ma che esprimono anche un senso di speranza profonda, “io vorrei che questo paese continuasse ad essere quello che è stato: un faro di civiltà a livello mondiale. È possibile farlo”.

Un’opera che non è semplicemente un esercizio di stile ma palesa il sentimento dell’artista, soprattutto nella stazione del Cireneo, rappresentato da un uomo di colore con al collo un medaglione con sopra scritto “razza umana”, che sorregge la croce e Gesù, “per colpa di questo razzismo di ritorno, credo che queste persone siano quelle che portano più di tutti la croce”.

La Via Crucis è un modo per riscoprire il cammino che Gesù ha percorso prima di arrivare al Calvario, “un’esperienza che deve segnare la vita di ogni cristiano per comprendere l’amore incondizionato di Gesù per ciascuno di noi”, la dichiarazione di mons. Leuzzi che vede nelle 15 stazioni un’occasione per scoprire come ognuno ha un valore incondizionato davanti al Signore, oltre che il senso di responsabilità e servizio che siamo chiamati a donare ai nostri fratelli.

“L’arte è una via importante per far risplendere i sentimenti più profondi che sono nei nostri cuori”, ha proseguito il vescovo di Teramo-Atri che vede nella bellezza la possibilità di capire che “non possiamo mai sentirci arrivati ma siamo sempre chiamati a scoprire sempre di più le potenzialità e il mistero che si manifesta lungo la storia”.

La bellezza al centro anche dell’intervento del procuratore capo di Teramo, Antonio Guerriero, che ha invitato tutti a lavorare in gruppo e proseguire in quella che ha definito la missione di Castelli dal 1500, cioè diffondere la bellezza esteriore ma anche interiore, non solo nella provincia di Teramo ma in Italia e in tutta Europa, come testimoniano i numerosi musei che raccolgono le opere del luogo.

“La bellezza non è solo un fatto estetico ma anche etico”, le parole di Guerriero che ha presentato la Via Crucis come l’emblema delle difficoltà della vita ma anche di come queste si possano superare, rispondendo al bisogno di giustizia dei più deboli, con il coraggio del cambiamento perchè “alla fine, se ce lo meritiamo, ci sarà una resurrezione”.

Anche il sindaco di Castelli, Rinaldo Seca, vede la resurrezione della sua cittadina come un cammino da condividere tutti insieme, lasciando da parte gli individualismi, “questo gesto filantropico così alto e importante rappresenta l’amore per questa comunità ma soprattutto la voglia di ricominciare insieme e riprendere un percorso tenendoci saldamente la mano l’uno a l’altro”.

L’importanza della Via Crucis per il paese è soprattutto nelle parole del parroco don Franco D’Angelo “questo è un dono che ci permette di continuare a scrivere la storia”, la dichiarazione del sacerdote che, nelle precise pieghe dell’opera, invita a notare la storia di ogni uomo e la possibilità del paese di tornare a testimoniare la sua grandezza, “non è solo ceramica ma cultura, capacità di poter vivere e donare la gioia di vita al mondo intero”.

https://www.youtube.com/watch?v=xJp8F7xpBfU&feature=youtu.be