Aquile randagie: al Festival Giffoni la storia degli scout che dissero no al fascismo

Il volo di libertà delle Aquile Randagie, che proseguirono le loro attività in clandestinità in opposizione al fascismo, viene raccontato in un film di Gianni Aureli che sarà proiettato in anteprima mondiale al Festival Giffoni.

“Ho scoperto il paradiso perduto… C’è un tratto in cui il sentiero attraversa un piccolo gruppo di baite. Si chiama Stoppadura. Dopo poche decine di metri si incontra un tronco girevole che funziona d’ingresso nella piana di Bresciadega. Si cammina nel bosco mentre da lontano compaiono le cime rocciose innevate con il torrente che scroscia impetuoso tra le rocce. Io, lì, sento vicino il Paradiso”. Così Gaetano Fracassi descrive la Val Codera, valle secondaria della Valchiavenna, che scopre nel 1935. Una valle che ancora oggi è raggiungibile solo a piedi, perché non esistono strade asfaltate.

Gaetano è un’Aquila Randagia, fa parte con altri ragazzi del gruppo scout di Milano e Monza che continuarono a svolgere attività in clandestinità, anche dopo che il 9 aprile 1928 lo scoutismo venne soppresso dalle leggi fasciste. È lui che fa conoscere alle altre Aquile Randagie quello scrigno di bellezza, un posto che pare non essere scalfito dagli orrori che si consumano a poche decine di chilometri da lì.

Quel piccolo paradiso, in provincia di Sondrio, diviene il luogo in cui le Aquile Randagie continuano a ritrovarsi per le attività clandestine, i campi estivi, i fuochi serali. A guidarli sono don Andrea Ghetti, del gruppo Milano 11, detto Baden, e Giulio Cesare Uccellini, capo del Milano 2, che prende il nome di Kelly.

Il fascismo non ignora l’attività di questi giovani. In una notte d’autunno Kelly viene pestato a sangue da una squadraccia. Per le ferite perde l’udito da un orecchio.

Ma questo non ferma il volo delle Aquile Randagie. Dopo il 1943, con don Giovanni Barbareschi e altri parroci milanesi, danno vita all’Oscar (Opera soccorso cattolica aiuto ricercati) che si impegnò in un’opera di salvataggio di perseguitati e ricercati di diversa nazione, razza e religione. Tutti messi in salvo in Svizzera, attraverso la Val Codera. In circa 20 mesi di occupazione, fanno fuggire 850 prigionieri di guerra, 100 ricercati politici, 500 tra renitenti, ebrei e disertori della Rsi e 200 ricercati, che vengono sottratti all’arresto. Tra le tante persone salvate c’è anche Indro Montanelli.

“Aquile Randagie – spiegava don Giovanni Barbareschi, Aquila Randagia milanese, prete partigiano, Giusto tra le nazioni e medaglia d’oro della Resistenza (1922-2018) – perché non potevamo avere una sede. Quello che abbiamo fatto? Era giusto farlo”.

Aiutare il prossimo in ogni circostanza: questa la legge che ha mosso le Aquile Randagie a spiccare il volo, lungo la Val Codera, per aiutare centinaia di persone a riacquistare la libertà. Tremila i documenti falsi messi a disposizione di ebrei, ricercati e perseguitati politici, disertori. Circa duemila gli espatri clandestini “sulle ali delle Aquile”.

La storia delle Aquile Randagie rivive oggi nel film del regista Gianni Aureli. In anteprima mondiale, viene presentato come evento speciale alla 49.ma edizione del Giffoni Film Festival. È ai ragazzi e ai giovani che si rivolge in particolare questo film. È a loro che vuole parlare, anche attraverso Facebook, così come ha fatto in queste settimane in cui sul popolare social sono state raccontate – con video e foto – le varie fasi della lavorazione del film.

Quella delle Aquile Randagie è una storia di coraggio, di paura, di fedeltà e di ribellione. Giovani mossi non da un’ideologia, ma dall’obbedienza a una legge, come ricordava don Barbareschi: aiutare il prossimo in ogni circostanza.