La gioiosa fatica di entrare nel Regno dalla porta stretta

In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme.
Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».
Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno (Vedi Vangelo di Luca 13, 22-30).

Gesù è incamminato verso Gerusalemme: all’inizio del brano Luca lo ricorda per la terza volta. Del viaggio di Gesù verso la città santa l’evangelista parla in una decina di capitoli, dal 9 al 19. E, in particolare, nei capitoli 12 e 13 ritorna il tema dell’urgenza di convertirsi e di decidere per non perdere l’appuntamento con il Regno che Gesù è venuto ad annunciare.

“Sono pochi quelli che si salvano?

Qui uno sconosciuto chiede se sono pochi quelli che si salvano, quelli, cioè, che entreranno nel Regno. Nei circoli religiosi giudaici qualcuno sosteneva che tutti gli ebrei si sarebbero salvati. Altri, più pessimisti, erano convinti che pochissimi si sarebbero salvati. Gesù non ne fa una questione di numeri. Dice invece quali sono le condizioni per salvarsi. Bisogna entrare per la porta stretta. Gesù si ricorda della piccola porta di servizio che nelle città e nei palazzi signorili si apriva per i ritardatari che non erano arrivati in tempo per entrare dalla porta principale. Nella prospettiva di Gesù la porta stretta è l’andare con lui, in viaggio verso la città santa, dove la sua vita finirà sulla croce. Solo passando da quella porta stretta si arriva a partecipare al banchetto. E il banchetto è una delle immagini ricorrenti del Regno che Dio, in quel giorno, aprirà ai suoi amici. “Il regno dei cieli è simile a un re che tenne un grande banchetto…”, racconta altrove Gesù. Altrimenti si rimane esclusi. E in quel caso a nulla varranno le proprie benemerenze. Non si è accolto il messaggio, non ci si è impegnati nell’imitazione concreta del Signore, si è perso l’appuntamento e si rimane “tagliati fuori” per sempre.

La fede non è un trofeo da esibire. Non è una porta larga

La fede vista come privilegio e la fede vista come abbandono totale al Signore: è l’eterna, inevitabile alternativa. Il rischio nostro sta nell’adagiarci sul primo atteggiamento. Il privilegio mette avanti il mio merito, la fede, invece, matte avanti l’iniziativa di Dio. Per questo l’annuncio è necessario: siamo chiamati a raccontare, a “dire” che è Dio che prende l’iniziativa, che è lui che ci vuole bene e che ci salva.

Esiste, infatti, la terribile possibilità che si possa mangiare con il Signore, “vederlo” insegnare nelle nostre piazze e di risultare, poi, esclusi da lui. E’ proprio il massimo del paradosso. Il banchetto, che è l’inclusione più profonda, segnala l’esclusione definitiva.

Molti cristiani, anche oggi, esibiscono la loro fede come un trofeo di vittoria. Poi non si accorgono degli altri, non vedono le sofferenze dei fratelli, sono aggressivi e violenti. Pensano che l’essere cristiani è solo e sempre una porta larga e comoda. Ma la salvezza viene se si ha il coraggio di passare per la porta stretta, la stessa attraverso la quale è passato il loro Signore. Solo così si arriva al banchetto gioioso che lui, il Signore, ha preparato per noi.