Monsignor Eugenio Coter: “Il sinodo dell’Amazzonia riguarda tutti. Abbiamo bisogno di nuovi strumenti di evangelizzazione”

«Il Sinodo dell’Amazzonia non è faccenda di un mondo lontano, perché riguarda l’uomo credente e non credente di tutto il pianeta, perché diventi spettatore consapevole. Papa Francesco lo propone a tutti gli uomini di buona volontà indicando l’Amazzonia come soggetto ecclesiale per una ricaduta sulla Chiesa intera e sul mondo». Il vescovo Eugenio Coter, bergamasco di Semonte di Vertova, 62 anni, vicario apostolico di Pando in Bolivia, è uno dei vescovi che partecipa al Sinodo che si tiene a Roma dal 6 al 27 ottobre, sul tema «Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale». La preparazione è iniziata dopo l’annuncio del Papa, il 15 ottobre 2017. «In due anni — esordisce il vescovo Coter — la discussione ha coinvolto un milione di persone, cioè vescovi, clero, religiose, ma soprattutto le popolazioni, gli indios e le comunità cristiane. Quanto è emerso è stato trasmesso alla segreteria del Sinodo che ha fatto una sintesi confluita nello strumento di lavoro del Sinodo, nell’ottica metodologica di tre verbi: vedere, discernere, agire. «Vedere — sottolinea il vescovo Cuter — significa studiare concretamente la vasta realtà della regione amazzonica. Discernere significa arrivare a una conversione pastorale ed ecologica. Finora si usava il verbo giudicare, ma faceva prevalere l’immagine di una Chiesa che giudica cosa sia giusto o sbagliato per tutti. Agire significa trovare nuove vie di evangelizzazione, per costruire una Chiesa dal volto amazzonico, superando clericalismo, miopia, soluzioni di corto respiro e dare più responsabilità al laicato. In pratica — precisa Coter — siamo chiamati a disimparare quanto si è sempre fatto e a reimparare per un rinnovato cammino delle comunità cristiane. L’evangelizzazione deve essere pensata “per” e “con” i popoli che abitano in questa vasta regione, cioè abitanti di metropoli, città e villaggi, abitanti nella foresta e sulle rive dei fiumi, abitanti che emigrano nei centri maggiori».

Fra le questioni al centro del dibattito ci saranno la presenza della Chiesa e i risvolti pastorali e umani della salvaguardia ecologica. «La Chiesa amazzonica — prosegue il vescovo — ha preso coscienza della sua presenza precaria. È invece urgentissima una presenza maggiore e capillare della Chiesa in un territorio immenso, caratterizzato da varietà di popoli e rapidi cambiamenti socioeconomici. Inoltre, la Chiesa amazzonica è chiamata a individuare un modello di sviluppo integrale e solidale per un’autentica ecologia naturale e umana radicata nel Vangelo di giustizia e solidarietà». L’ecologia ha quindi un contenuto spirituale, di promozione umana e difesa della dignità umana. «Le riflessioni del Sinodo — risponde il vescovo Cuter — superano l’ambito strettamente amazzonico per abbracciare la Chiesa universale e il futuro di tutto il pianeta. Possiamo quindi parlare di ecologia spirituale, perché il cristiano è chiamato alla cura del creato, che è la casa di tutti. Il presidente brasiliano Bolsonaro accusa i governi occidentali e la Chiesa locale di ingerenza e di drammatizzazione sullo sfruttamento dell’Amazzonia. In realtà, la Chiesa non fa politica, ma difende l’uomo parlando dell’ecologia, perché difendere l’Amazzonia dagli scandalosi interessi economici, dalla deforestazione esagerata e dall’inquinamento significa difendere l’intero pianeta».

Alcune proposte nel documento del Sinodo hanno ricevuto accuse di derive eretiche, per esempio l’ordinazione di uomini probi o sposati, per cui verrebbe bene il celibato ecclesiastico, oppure di far guidare i funerali o altri momenti a un laico o una religiosa. «Il Papa — precisa il vescovo Coter — ha ribadito che il celibato è intangibile. La dottrina rimane immutata, ma il Vangelo va coniugato con la realtà oggettiva, non quella astratta. Per esempio, nel mio vicariato per raggiungere le parrocchie spesso devo usare aereo e battello. Ho anche raggiunto una parrocchia che non vedeva un prete da 18 anni, eppure la fede si è conservata grazie ai laici impegnati. Del resto, in Amazzonia, già da tempo, in zone isolate e con scarsità di clero, i funerali sono guidati da laici o religiose, che curano anche catechesi, liturgia e carità. Non è eresia proporre di passare dalla buona volontà del laico al ministero del laico».