Sulle ali di un sogno: una gara di solidarietà per aiutare Letizia a tornare a danzare

Cercar di tornare a danzare, senza, in realtà, aver mai smesso di farlo. Già, perché si può ballare pure con la mente, con la parola e, soprattutto, con il cuore. Lo sa bene Letizia Milesi, diciannovenne di Roncobello da sempre appassionata di danza, che, da quasi due anni, convive con una disabilità. «Sono sempre stata una ragazza iperattiva, se così si può dire, non stavo mai ferma un attimo, facevo tanto sport, ma, principalmente, ero interessata alla danza – afferma, con entusiasmo, Letizia –. Ho ballato per circa 15 anni, raggiungendo livelli importanti e sperimentando non solo la danza classica, ma anche quella moderna, hip-hop e contemporanea: ho sempre avuto la musica nel sangue: per me era tutto. Avevo pure iniziato gli studi per formarmi come insegnante di ballo, in modo da aprire, un giorno, una scuola tutta mia. Insomma, ero felicissima, avevo programmato il mio futuro».

L’incidente mi ha cambiato la vita

Ma poi, all’improvviso, un incidente le ha mandato all’aria i piani: «Era il 26 ottobre del 2017 e, uscita da scuola, stavo salendo sul bus, quando, all’improvviso, mi hanno strattonata, facendomi cadere per terra – spiega Letizia –. All’inizio, ho sentito solo un forte dolore, ma il trauma subito, piano, piano, mi ha portato poi all’invalidità: la metà destra del mio corpo è completamente paralizzata». Una lesione vertebrale, quella di Letizia, che la costringe a otto mesi di ricovero in ospedale. «In ospedale ho capito che avrei dovuto ricominciare a vivere una vita diversa rispetto a quella che avevo vissuto fino a qualche settimana prima – racconta la giovane –. Ma il vero shock è avvenuto una volta finito il periodo di ricovero, verso giugno, quando ho dovuto fare i conti con la realtà esterna. Del resto l’ospedale in un certo senso, ti protegge, perché, in fin dei conti, ti ritrovi a fianco di persone che vivono una situazione simile alla tua, che come te soffrono. Una volta fuori, è stata dura: diversi sono stati gli amici (o presunti tali) che ho perso, che non si sono più fatti vedere o sentire. Ed è stata ancor più dura per me, costretta sulla sedia a rotelle, confrontarmi con le barriere, quelle architettoniche, ma, soprattutto, quelle mentali della gente, con i loro giudizi e i loro pregiudizi. L’handicap mi ha fatto crescere, mi ha fatto comprendere una situazione che avevo sempre e solo immaginato, che non si capisce se non la si vive in prima persona».

Vietato arrendersi: il sogno di tornare a danzare

Ma Letizia non si arrende, perché mossa da un desiderio o, per meglio dire, da un sogno, che l’accompagna fin da quando era bambina. «Da principio, ero pervasa dalla tristezza e dalla rassegnazione – spiega Letizia con un po’ di malinconia –, mi sono ritrovata a vivere, ogni giorno, all’altezza di una carrozzina, trovandomi in difficoltà anche solo nell’aprire una bustina di zucchero, ma, alla fine, ho pensato che non poteva assolutamente finire così e che la cosa migliore fosse non arrendersi, rimboccarsi le maniche e smetterla di piangersi addosso. Non è stato facile: ci è voluto tempo, quasi un anno per dare forma alla rabbia e trasformarla in un’opportunità e in una meta: quella di tornare a danzare. Del resto, danzare è sempre stato il mio sogno, la mia vita». Il giro di boa avviene ad aprile 2019, quando, dopo un controllo medico a Milano, uno specialista le consiglia di inviare la propria documentazione clinica a un suo collega all’ospedale di San Antonio, in Texas. «Mi sono messa in contatto con questo dottore statunitense, che, studiato il mio caso, mi ha detto che potevo essere sottoposta a un’operazione alle vertebre e da lì è partito tutto – dice la giovane –. A fine agosto, è arrivata una mail con cui mi veniva riferito come l’équipe per l’intervento fosse pronta e che aspettavano solo il mio sì e l’acconto». Una caparra salata, come salati, a causa della sanità privata americana, sono i costi dell’operazione.

Un’associazione per sostenere le cure in America

Ma Letizia nemmeno questa volta si dà per vinta: «Con l’aiuto e la consulenza di alcuni amici, l’11 settembre, io e la mia famiglia abbiamo dato vita alla onlus “Sulle ali di un sogno” (www.sullealidiunsogno.org) e alla campagna #nonsimollauncactus: entrambe volte alla raccolta fondi per il mio intervento, ma non solo. I soldi che avanzeranno, infatti, verranno impegnati per la ricerca e per dare vita ad eventi e ad azioni di solidarietà in favore di tutte quelle persone che devono far fronte a problemi uguali o simili al mio, perché non voglio che altre persone soffrano come ho sofferto io». Una campagna, quella di #nonsimollauncactus, che ha mobilitato un’intera valle. «L’esclamazione a cui si riferisce l’hashtag fa riferimento a quella più scurrile, usata spesso dai giovani – spiega Letizia –. È nata nel reparto di pediatria in cui ero ricoverata, dove, a causa della presenza di molti bambini, si faceva a meno di dire parolacce. Il cactus, inoltre, ispira resilienza e forza e ricorda un po’ la terra del Texas. Forse, è anche per questo motto simpatico che la solidarietà non è mancata. Si dice che gli abitanti della Valle Brembana siano chiusi e freddi, ma quel che ho visto è stato tantissimo calore umano che, ancora tutt’ora, continua: la Valle si è mobilitata per aiutarmi».

“Vorrei poter aiutare altre persone che soffrono come me”

Da Roncobello a Serina, da Valnegra ad Almenno, passando per Lenna, San Pellegrino Terme e Villa d’Almè: dopo la presentazione dell’associazione, avvenuta il 17 settembre a Piazza Brembana, presso la Fondazione Don Stefano Palla, tante sono state le manifestazioni, gli spettacoli e le serate di beneficenza il cui ricavato è stato devoluto alla causa di Letizia: «Se devo essere sincera, mai mi sarei aspettata una solidarietà del genere. A neanche due settimane dalla fondazione della onlus, avevamo già racimolato i soldi per l’acconto dell’operazione e molti altri eventi sono in programma: tutto ciò è incredibile e commovente». E adesso spazio alla speranza. «Ora come ora, sono pervasa da un mix di felicità e speranza, ma ho anche molto paura – riflette Letizia, che, fra i suoi obiettivi, ha anche quello di iscriversi alla facoltà di psicologia –, ma il desiderio di tornare a camminare e a ballare è più forte pure dell’angoscia: spero possa operarmi prima della fine dell’anno, spero possa tornare presto a danzare, ma intanto c’è solo da aspettare». E mentre aspetta, Letizia continua a danzare col cuore.