Il 2 novembre, giorni dei morti e della morte

                           E io,
io allora, qui,
io cosa rimango a fare,                    
qui dove perfino Dio
se n’è andato di chiesa,
dove perfino il guardiano
del camposanto (uno
dei compagnoni più gai
e savi) ha abbandonato
il cancello, e ormai
– di tanti – non c’è più nessuno
col quale amorosamente
poter altercare?

È l’ultima strofe di una splendida poesia di Giorgio Caproni (si trova in L’opera in versi, pag. 347. Titolo: Lasciando loco)

È il compianto sui morti: se ne sono andati tutti. Ma è soprattutto il compianto sui vivi, rimasti soli, senza più nessuno con cui poter amorosamente altercare.

L’uomo di oggi, solo di fronte alla morte

È un’immagine drammaticamente efficace dell’uomo moderno che è sempre più solo, non soltanto perché ha perso molte persone care, ma perché non ci sono altre persone care con cui parlare di quelle si sono perse. Quello che spesso manca, infatti, è il dono prezioso di relazioni sane, disinteressate che ci permettono di parlare di ciò di cui non si osa parlare. E non si osa parlare di questo: della morte, della nostra morte, non di quella degli altri: della morte degli altri si parla sempre.

Il “giorno dei morti”

È benvenuto dunque il giorno dei morti, il 2 novembre. Lì si è costretti a parlare della morte, perché il tema del giorno è proprio quello. Per la verità, anche lì si tratta della morte degli altri: amici e parenti che se ne sono andati. Con loro non è più possibile amorosamente altercare. Ma è una morte che si è fatta vicina. Non è la mia morte, ma è comunque la morte di mio padre, di mia madre, di quel tal amico… Quando sono morti loro è stato come se fossi morto un po’ anch’io con loro. Così, mentre guardo la loro tomba, non posso fare a meno di pensare alla mia. Inevitabilmente.

Il “giorno dei santi”

Semmai, c’è da notare un’altra intuizione geniale della liturgia. Il giorno dei morti è abbinato al giorno dei santi, questo, anzi, precede quello. Il primo di novembre è, in qualche modo, il rovescio del 2 novembre. Il 2 novembre si parla di morte e di morti e, sullo sfondo, l’altra vita. Il 1 novembre invece si parla di vita e di santi e, solo sullo sfondo, la morte, ma già vinta, definitivamente.

La difficoltà per noi, uomini e donne di oggi, sta nel tenere insieme la ruvida realtà della morte, con l’affascinante realtà della vita “oltre”. Della morte siamo sicuri. Dobbiamo esserlo: è sotto i nostri occhi e pesa sul nostro cuore. Della vita oltre ci sforziamo di essere sicuri. È una questione di fede, di fiducia in qualcuno che ci rassicura. Ma di fiducia – e di fede – ce n’è in giro poca e questo vuoto pesa sulle nostre possibilità di sperare.