Quando la comunità apre occhi e cuore : la storia di Birama

Ci sono storie che meritano di essere raccontate: quella di Birama, ragazzo con disabilità motoria e comunicativa.

La sua è una storia semplice ma speciale, proprio come lui, il nostro “Biru.

Il nostro “Biru”

Mi permetto di dire “nostro” perché da ormai cinque anni è entrato a far parte della comunità di Grumello del Monte frequentando la scuola media e la “Cascina” per cui tante sono le persone che l’hanno conosciuto.

Personalmente ho avuto il privilegio di seguirlo all’inizio del mio percorso lavorativo in qualità di assistente educatore presso la scuola media dove ho potuto apprezzare le infinite sfaccettature che emergono dall’esperienza della disabilità, spesso circoscritta ad un’analisi puramente razionale.

Tra le vostre relazioni, vi è mai capitato di sentire familiare una persona appena conosciuta?

Se ripenso al primo incontro con Birama, è successo proprio cosi: due occhioni grandi, un sorriso appena accennato, a tratti impaurito mi hanno comunicato da subito la grande umanità di un ragazzo che nonostante la difficoltà a comunicare verbalmente, ha saputo trasmettere sentimenti profondi di amicizia.

La condivisione del suo primo processo di scolarizzazione è stata un’occasione preziosaper riflettere sulle semplici ma intense gestualità quotidiane nella valorizzazione del “prendersi cura” .

Il cammino di inserimento e lo splendido sorriso

Il suo cammino di inserimento non è stato sicuramente facile, non solo per i diversi ricoveri avuti in in questi anni ma anche per le nuove abitudini e stili di vita cui ha dovuto adeguarsi.

In poche settimane comunque Biru ha cominciato a trasmettere grande vivacità nel relazionarsi con i suoi compagni e ha conquistato tutti con il suo splendido sorriso.

Tutto questo è stato possibile grazie alle tante persone che si sono prese cura di lui: dai preziosi volontari del servizio Auser, ai suoi insegnanti di sostegno Riccardo e Gaetano, Manu, Gabri e Lilli sempre pronti ad assecondare la sua voglia di cioccolata calda all’intervallo e nel farlo sentire a “casa”.

Sono stati tanti i momenti belli vissuti con i suoi compagni di classe tra cui il progetto Insieme con Trasporto, le uscite didattiche e le corse “veloci” in carrozzina lungo icorridoi della scuola.

“Biru” e i suoi “educatori”

L’etimologia del verbo educare ovvero “educere rivaluta nella scuola la figura di assistente educatore, purtroppo ancora poco riconosciuta.

In fondo l’educatore è chiamato ad una grande sfida educativa: cogliere e portare alla luce le potenzialità della persona che le è stata affidata.

Il gesto educativo è innanzitutto un gesto di cura, di accoglienza della debolezza e di disorientamento; in questo si riconosce il primo passo verso la relazione di prossimità.

Credo inoltre che una scuola inclusiva debba essere sempre più attenta al singolo individuo; dove “l’inclusione” possa diventare l’atteggiamento condiviso di docenti, educatori e studenti.

Dolce Biru, è stato difficile salutarti quest’anno, ma quando ti ho visto in prima fila con il tuo sorriso contagioso, a tratti furbetto con i i tuoi nuovi compagni e la tua nuova educatrice, mi sono resa conto della tua crescita in questi anni.

Ti dico semplicemente grazie perché con la tua storia personale ci hai provocato nel sentirci responsabili  come comunità educativa .