Papa Francesco sta per iniziare un viaggio apostolico in Thailandia dal 20 al 23 novembre, in Giappone dal 23 al 26 novembre. “Discepoli di Cristo, discepoli missionari” è il motto della visita pastorale in Thailandia che richiama l’anniversario dei 350 anni dell’istituzione del Vicariato Apostolico di Siam, eretto nel 1669, con raffigurata nel logo una barca, simbolo di evangelizzazione, sormontata da un albero a tre vele a richiamo della Trinità.
“Proteggere ogni vita”, con la “t” di “proTect all life” a forma di croce, è invece il motto scelto per la breve e intensa visita di Bergoglio in Giappone, tratto dalla “Preghiera cristiana con il creato” che conclude l’Enciclica di Papa Francesco “Laudato si’”. Dopo Giovanni Paolo II, Papa Francesco sarà il secondo pontefice a visitare i due Paesi.
Padre Bernardo Cervellera, nato a Grottaglie in provincia di Taranto il 20 agosto 1951, missionario del Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere), direttore di Asia News ed ex direttore dell’agenzia Fides, che si occupa di Chiesa in Estremo Oriente, da noi intervistato, illustra le tappe più significative del viaggio apostolico di Bergoglio in Asia.
Padre Cervellera, anche questo trentaduesimo viaggio all’estero di Bergoglio sarà nel segno della pace, della memoria ma soprattutto del dialogo interreligioso, uno dei punti fermi del pontificato del papa venuto dalla fine del mondo?
«Senz’altro sì, Papa Francesco va a visitare due Paesi, sia la Thailandia sia il Giappone, dove i cattolici sono una sparuta minoranza. In Thailandia i cattolici sono lo 0,4% e in Giappone lo 0,5%. In Thailandia oltre il 90% sono buddhisti e in Giappone sono quasi tutti shintoisti, buddhisti e altro. Quindi per forza questa dimensione interreligiosa sarà molto presente. La cosa importante da sottolineare è che in questi due viaggi il Papa intende chiedere alle diverse comunità religiose di partecipare al bene comune delle società di queste Nazioni. Sottolineando, nel caso della Thailandia, la convivenza, la riconciliazione con i diversi gruppi etnici, così come in Giappone, Papa Francesco sottolineerà la difesa della vita, dal grembo materno fino alla fine dell’esistenza».
Qual è la situazione politica in Thailandia, dove la popolazione locale ha accolto con gioia la notizia dell’arrivo di Papa Francesco?
«In Thailandia la situazione politica non è facile. C’è un governo che si è costituito da poco, le elezioni avvenute lo scorso marzo, sono state definite “democratiche”. In realtà queste elezioni sono state “guidate” dall’esercito. In Thailandia, da alcuni anni c’era già una dittatura militare. Una parte della popolazione e una parte della classe politica thailandese spinge per una serie di riforme più moderne ma i militari sono contrari, perché vogliono mantenere i loro privilegi».
Papa Francesco incontrerà i sopravvissuti alla bomba atomica di Hiroshima e Nagasaki nel secondo giorno della sua visita in Giappone. Il contrasto alla proliferazione delle armi nucleari è per Bergoglio un tema molto urgente?
«Il Papa e anche il Vaticano all’Onu continuano a parlare contro la proliferazione nucleare sia per ridurre la tensione tra Russia e Stati Uniti, sia per tutte le minacce che vengono dai Paesi che vogliono dotarsi di armi nucleari, proprio per far sentire la loro voce nell’agone internazionale, tra cui la Corea del Nord, l’India, il Pakistan e l’Iran. C’è la tentazione da parte di molti Paesi del Pianeta di dotarsi di armi nucleari per spaventare i loro vicini e per essere considerati all’interno del mondo».
Il pontefice argentino incontrerà anche le vittime del “triplice” (terremoto, maremoto e incidente nucleare) che ha devastato il territorio di Fukushima nel 2011. Un gesto significativo quello di Papa Francesco compiuto anche per ricordare al mondo una tragedia dimenticata?
«Sì, Bergoglio incontrerà le vittime di Fukushima, perché quella zona è stata davvero colpita duramente e credo che sia un simbolo del possibile disastro a cui va incontro il Pianeta, sia dal punto di vista dei fenomeni naturali che sono divenuti tutti giganteschi, sia dal punto di vista dei fenomeni, chiamiamoli “industriali” della modernità, dell’economia moderna, come appunto il disastro della centrale nucleare di Fukushima Dai-chi a Ōkuma. Papa Francesco vorrà ribadire il tema centrale del rispetto della natura, della custodia del Creato e insieme anche far capire che ogni sviluppo economico, ogni modernizzazione economica deve avere al centro la cura per la persona, per l’uomo. La zona di Fukushima è stata spopolata, tanti agricoltori non possono più lavorare la terra. Penso che il Papa utilizzerà Fukushima come un simbolo per dire a tutto il mondo: “Attenzione, lo sviluppo economico non è soltanto bene, è anche rischioso per l’uomo”».
Le violente persecuzioni subite nel ‘600 dai cristiani giapponesi sono tornate alla ribalta grazie al film di qualche anno fa “Silence” di Martin Scorsese. L’ultimo giorno del suo viaggio Francesco lo dedicherà ai gesuiti, che hanno segnato in maniera indelebile la storia del cristianesimo in queste terre. Ce ne vuole parlare?
«È stata importantissima l’evangelizzazione dei gesuiti, soprattutto quella di Francesco Saverio, gesuita e missionario spagnolo, il quale nella seconda metà del Cinquecento ha posto le basi per una numerosa comunità cattolica. Dopo, i gesuiti hanno tentato di continuare questa evangelizzazione, ma purtroppo c’è stato un periodo di oltre duecento anni di persecuzioni e di isolamento del Giappone. A questo punto, oltre ai gesuiti dobbiamo ricordare il ruolo dei laici giapponesi. La cosa importante per la Chiesa giapponese è stata che per tanti secoli la fede è rimasta grazie ai laici, alle famiglie che educavano i loro figli alla fede, nascondendo tutti i segni religiosi per salvarsi la vita in un periodo violentissimo. Dopo, nella seconda metà dell’Ottocento, quando il Giappone ha garantito la libertà religiosa, la comunità cattolica ha potuto ritornare ad avere sacerdoti, missionari, e così via. Ma per tantissimo tempo sono stati i laici a essere i protagonisti dell’evangelizzazione in Giappone».