“Leonardo e la Madonna Litta”: un capolavoro da riscoprire al Museo Poldi Pezzoli di Milano

Fino al 10 febbraio 2020 presso il Museo Poldi Pezzoli, dove è in corso la mostra “Leonardo e la Madonna Litta”, è tornata nella sua Milano la “Madonna Litta”, opera simbolo del Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo. Il celebre dipinto a tempera su tavola attribuito a Leonardo da Vinci (1452–1519) è il protagonista, la punta di diamante di una mostra di grande prestigio, imperdibile, organizzata grazie al sostegno di Fondazione Bracco, Main Partner, cui si affiancano Regione Lombardia e Comune di Milano.

La “Madonna Litta” è strettamente legata alla città di Milano, perché eseguita nel capoluogo lombardo nel 1490 circa, e mostra notevoli affinità stilistiche con la seconda versione della “Vergine delle Rocce” di Leonardo, conservata alla National Gallery di Londra. La “Madonna Litta” era tornata a Milano, in prestito dall’Ermitage, anche trent’anni anni fa in occasione di una mostra a Palazzo Reale. «Si tratta di un prestito eccezionale perché la “Madonna Litta” ha lasciato San Pietroburgo solo in sei occasioni dal 1865, una delle quali appunto trent’anni fa per arrivare a Milano» ha precisato Annalisa Zanni, direttrice del Museo Poldi Pezzoli.

Insieme alla “Madonna Litta” viene presentato un nucleo selezionatissimo di opere, una ventina tra dipinti e disegni di raffinata qualità, provenienti dalle collezioni pubbliche e private di tutto il mondo, eseguiti da Leonardo e dai suoi allievi più vicini (da Giovanni Antonio Boltraffio a Marco d’Oggiono, dall’ancora misterioso Maestro della Pala Sforzesca a Francesco Napoletano) negli ultimi due decenni del Quattrocento, quando il maestro viveva ed era attivo a Milano, presso la corte di Ludovico il Moro.

La mostra, a cura di Pietro C. Marani e Andrea Di Lorenzo, è stata inoltre inclusa fra le celebrazioni nazionali dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci promosse e sostenute dal MIBAC – Ministero dei beni e delle attività culturali, in quelle promosse dal comitato territoriale di Milano e della Lombardia e nel palinsesto Milano Leonardo 500, promosso dal Comune di Milano/Cultura.

Abbiamo intervistato Andrea Di Lorenzo che ci racconta la storia del dipinto e la sua controversa attribuzione.

Per chi fu eseguita la “Madonna Litta” e a chi deve il proprio nome?

«Non sappiamo esattamente per chi fu eseguita la “Madonna Litta”. Si tratta di un dipinto nato per la devozione privata, sicuramente di un committente molto prestigioso, lo possiamo desumere dall’estrema cura esecutiva, dalla complessità della composizione che è studiata in ogni minimo dettaglio e anche dalla preziosità dei materiali utilizzati, in particolare il blu di lapislazzuli, che era allora il pigmento più costoso in assoluto, impiegato in abbondanza nel manto della Vergine e nello sfondo azzurro del cielo. Il nome della “Madonna Litta” deriva dalla collezione Litta in cui l’opera è stata conservata dal 1814 fino al 1865. È un ritorno quello della “Madonna Litta” a Milano, la città dove fu eseguita nel 1490 circa, nel periodo centrale del soggiorno milanese di Leonardo presso la corte di Ludovico il Moro avvenuto tra il 1482 e il 1500. Le vicende collezionistiche dell’opera si svolgono a Milano, prima la “Madonna Litta” fu acquistata nel 1784 da Alberico XII Barbiano di Belgioioso d’Este e rimase nella prestigiosa collezione del Principe di Belgioioso fino alla morte di Alberico XII. Nel 1814 venne venduta all’asta la collezione e la “Madonna Litta” fu scelta da Alberto Litta Visconti Arese, esecutore testamentario del Principe di Belgioioso. Il conte Alberto Litta ebbe la facoltà di scegliere due quadri della collezione del Principe di Belgioioso a titolo di compenso per il suo ruolo di esecutore testamentario dello stesso Alberico XII. Nel 1814 quindi l’opera si trasferisce da Palazzo Belgioioso a Palazzo Litta in Corso Magenta a Milano, poi nel 1865 l’opera viene venduta al Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo».

Desidera descrivere il dipinto ai nostri lettori?

«La “Madonna Litta” è un quadro molto sofisticato e di grande qualità. Si vedono in un interno, contro una parete scura, le figure della Madonna e del Bambino. Come dicevo, la composizione è studiatissima, perché fatta in modo da far tagliare le figure, in particolare gli incarnati, contro questo sfondo scuro che permette di evidenziare la volumetria delle figure, degli incarnati. Ai lati della testa della Vergine due aperture verso uno sfondo azzurro del cielo fanno come una corona intorno alla testa della Vergine. La composizione del volto della Vergine, ma anche del Bambino, è studiatissima, perché è un profilo che però evolve verso il tre quarti. Se si guarda il volto nella parte inferiore, nel mento, nel labbro, nel naso, la Vergine sembra perfettamente di profilo, però verso la fronte l’immagine si allarga e si intravede anche il secondo occhio. È una di quelle esemplificazioni degli studi di Leonardo sui volti di profilo, o quasi di profilo, come in questo caso. Anche nella testa del Bambino si assiste a una composizione di questo tipo, perché si intravede anche il secondo occhio. Inoltre lo sguardo della Vergine è abbassato e guarda il Figlio che succhia il latte dal seno della madre, il Bambino però con un occhio, quello destro, guarda verso lo spettatore. Quindi il Bambino attira lo spettatore verso l’interno del quadro. Il Bambino è completamente nudo, perché è offerto in sacrificio per la salvezza del genere umano e tiene nella mano sinistra un uccellino con le piume rosse sul capo. È un cardellino e queste piume rosse alludono al sangue versato durante la Passione da Cristo. Quindi il tema del quadro, come evidenzia anche l’espressione malinconica della Vergine, è una prefigurazione della futura Passione di Gesù».

L’attribuzione a Leonardo del quadro è a dir poco controversa. Ce ne vuole parlare?

«Sì, il quadro quando nel 1784 venne acquistato da Alberico XII come opera di Leonardo da Vinci. Nell’inventario della collezione di Alberico XII, scritto alla morte del Principe di Belgioioso, nel 1813, Giuseppe Bossi, già segretario dell’Accademia di Brera di Milano, profondo conoscitore delle opere antiche del suo tempo, attribuisce il quadro alla scuola di Leonardo. Nel corso dell’Ottocento altri conoscitori esprimono dei dubbi sull’attribuzione a Leonardo della “Madonna Litta”, dubbi che esistono tuttora. C’è un dibattito intorno all’attribuzione, la mostra è utile in questo senso, perché sono presentate oltre alla “Madonna Litta”, altre opere di Leonardo e dei suoi principali allievi, attivi nella bottega del Maestro durante il primo soggiorno di Leonardo a Milano negli ultimi due decenni del Quattrocento, come abbiamo già detto. È interessante poter fare i confronti con i disegni preparatori che sono esposti accanto ai quadri. Ognuno può farsi la propria opinione, la propria idea, il dibattito resta aperto».

In mostra il dipinto è affiancato alla tavola di stile leonardesco “Madonna con il Bambino detta “Madonna del fiore” (1485-1487), di Giovanni Antonio Boltraffio ritenuto il migliore tra gli allievi di Leonardo a Milano, non a caso, vero?

«Boltraffio, come dicono le fonti, in particolare Girolamo Casio che è stato amico personale e committente dello stesso Boltraffio, è stato l’unico, vero allievo di Leonardo. Il che vuol dire che probabilmente Boltraffio non ha avuto una formazione precedente all’incontro con Leonardo, ma si è formato proprio nella bottega del Maestro. Leonardo importa a Milano la tradizione fiorentina, cioè la tesi che il disegno sia all’origine di ogni forma d’arte. Passarono anni prima che gli artisti fiorentini prendessero in mano il pennello. Boltraffio non è stato soltanto un grande pittore ma anche un grande disegnatore. Non è un caso che le due opere in mostra siano accostate. Entrambi i quadri provengono dalla collezione Litta, abbiamo riunito in mostra i tre dipinti, già nella collezione Litta, legati alla prima stagione di Leonardo a Milano. A Boltraffio alcuni studiosi attribuiscono la paternità della “Madonna Litta”. Ovvio che la qualità dell’opera, una delle migliori del Quattrocento, non cambia. C’è un dibattito in corso rispetto all’attribuzione del dipinto, se sia di Leonardo oppure di Boltraffio, nato sotto la direzione di Leonardo oppure con l’intervento di Leonardo in alcune parti. Le opere prodotte all’interno di una bottega uscivano dalla bottega stessa sotto il nome del Maestro».

Questa occasione ha permesso di svolgere interventi di restauro, analisi tecniche e approfondimenti di studio su molte delle opere esposte?

«Sì, sono stati effettuati interventi conservativi di restauro su diverse opere, l’approfondimento scientifico, le analisi effettuate hanno costituito un patrimonio molto importante non solo per gli studi per la preparazione della mostra ma saranno in futuro a disposizione degli studiosi».