Verso l’Alt(r)o, la meditazione della settimana. Elogio del non finito

La rubrica “Verso l’alt(r)o” offre ogni settimana, ogni venerdì, alcuni spunti di meditazione, preparati per noi da un gruppo di giovani collaboratori dell’Ufficio diocesano Tempi dello spirito. Buona lettura.

Seduto in una sala del Castello Sforzesco, gli occhi fissi su una delle ultime opere di Michelangelo, Pietà Rondanini, e una serie di pensieri che affiorano, ma soprattutto, stupore: uno dei più grandi artisti di tutti i tempi che non termina un’opera. Volontà o contingenza del sopraggiungere della morte? Non sono un esperto di storia dell’arte, ma mi piace pensare che Michelangelo, dopo aver dato alla luce pezzi artistici mirabilmente perfetti, sia entrato ancor più in sintonia con l’atto creativo del Grande Artista dell’universo, che ha sapientemente dato vita a tutto ciò che esiste, volendo lasciare uno spazio, un vuoto, un taglio tra sé e il finito, la perfezione, il compiersi di un’idea. Forse, semplicemente, avvicinandosi alla morte, l’artista si è scoperto egli stesso “non-finito” e per questo ha deciso di non de-finire il volto di Cristo e di non farci percepire chi, in questa Pietà, tra il Figlio e la Madre, sta sostenendo l’altro/a.

E’ davvero così anche per noi: non è facile da accettare, ma è meravigliosamente liberante pensarci “non-finiti” e sentirci nelle mani di Qualcuno che tentiamo, nel nostro piccolissimo, di seguire, e che in realtà ci porta sempre in spalla. Ci mettiamo tutta la nostra buona volontà, cerchiamo di fare bella figura davanti a Lui, pretendiamo di raggiungere un modello perfetto di ciò che abbiamo in testa di dover essere, e ci scontriamo ogni volta con il nostro limite,

la nostra povertà, la nostra finitudine. Vorremmo nasconderla, ma non ci accorgiamo che il Grande Artista ci ha creati così per un motivo: il nostro non-finito è ciò che ci rende più vicini all’infinito, a ciò che va oltre ciò che siamo e ci apre al profondo di noi stessi, agli altri e a Lui. Se fossimo un’opera perfetta non avremmo più nulla da chiedere a nessuno, saremmo freddo marmo che sta bene da solo, lì dove è stato messo. Invece la vita ci chiede di più, ci domanda di uscire dalla nostra zona comfort e di non aver paura dello scalpello di Colui che ci lascia liberi di essere, semplicemente, “non-finiti”.