Coronavirus, Caritas Bergamasca: vicini ai più fragili e ai senza dimora

«Dall’inizio dell’epidemia, ho avuto chiaro che i servizi avrebbero dovuto rimanere aperti e continuare a funzionare» sono queste le parole di don Roberto Trussardi, direttore di Caritas Diocesana Bergamasca, rispetto ai rapidi e necessari cambiamenti in atto in città che interessano il terzo settore e, soprattutto, i più fragili dei fragili: i senza fissa dimora.

«I servizi sono aperti, ma il loro funzionamento è cambiato: la mensa è rimasta in funzione, ma, secondo quanto stabilito dalle nuove misure varate rispetto alla gestione dell’emergenza, invece che consumare il pasto al tavolo, le persone che ne usufruiscono ricevono un pasto al sacco, che dovranno poi mangiare altrove. Anche per il servizio doccia qualcosa è cambiato: restano in funzione, ma può entrare a lavarsi una persona alla volta e non più quattro, e al termine della doccia, tutto viene sanificato prima che un’altra persona la possa usare. Diverso è anche come si lavora al centro d’ascolto, in cui viene ricevuta una persona alla volta da un  numero esiguo di operatori, evitando la presenza consuete di 15 o 20 persone nella sala d’attesa». Ad essere cambiato, però, non è soltanto il funzionamento dei servizi, ma anche il profilo delle persone impiegate. Don Roberto, infatti, spiega che, non senza fatica, ha scelto di lasciare a casa tutti i volontari con più di 65 anni e di mettere al loro posto alcuni operatori che, però, non lavorano più negli uffici, gli uffici di fatto sono chiusi, eccetto che per la presenza della segreteria e/o dell’amministrazione.

L’elemento più critico, però, di questa situazione emergenziale, come è già stato ampiamente raccontato, riguarda, però, i senza fissa dimora, coloro che non potranno mai dichiarare di star spostandosi per motivi di necessità, ai quali, da lunedì 16 marzo, la Caritas ha risposto così: «Dal momento che la situazione dei senza fissa dimora è un tasto dolente della nostra città in questi giorni di emergenza, come Caritas ho deciso, per ovviare al problema delle multe in cui spesso incorrevano, di consegnare a tutti una lettera da mostrare in caso di controllo, in cui viene dichiarato che la residenza di queste persone è il dormitorio del Galgario. Il Galgario, di fatto, è la pietra miliare dell’assistenza alle persone fragili, che, anche in questa situazione, vuole mostrarsi all’altezza di questa sfida: senza aggiungere nuovi posti agli 80 già costantemente garantiti, quello che abbiamo fatto è di permettere alle persone che ci dormono di uscire più tardi la mattina, tra le 9 e le 10, invece che tra le 8 e le 9, in modo da rimanere per strada meno tempo. Non solo, per evitare che vaghino per strada, in collaborazione con Fra Riccardo, garantiamo a queste persone di usufruire della mensa, ancora aperta, di Borgo Palazzo. Dopodiché, viene chiesto a tutti di ritornare al Galgario, in cui trascorrono il pomeriggio in attività e laboratori, aspettando l’ora di cena, che viene servita a domicilio. In tutto questo, la struttura viene continuamente sanificata e ogni volta che rientrano in dormitorio, agli utenti, grazie alla presenza della Croce Rossa, viene misurata la temperatura, per essere certi di evitare potenziali contagi».

Un passo alla volta, in questo tempo d’incertezza, Caritas continua a camminare a fianco delle persone fragili, quelle più bisognose e che affrontano fatiche maggiori. Nonostante la fatica degli operatori e degli utenti, don Roberto, però, tiene a sottolineare che «tutto quello che stiamo riuscendo a fare non sarebbe possibile senza un lavoro di squadra: da parte degli operatori, che ringrazio di cuore perché stanno facendo un lavoro straordinario, agli altri enti, con cui, ciascuno senza perdere la propria identità, si agiscono segni forti di carità, ma anche alle persone che usufruiscono dei servizi, che non hanno perso il rispetto e la volontà a dire grazie e che, in questo tempo di lenta attesa e pazienza, sanno mettersi in fila, ad aspettare, come e con noi».