Casa San Michele: “Abbiamo dovuto subito isolarci, restiamo chiusi dentro le nostre mura”

«Andrà tutto bene»: questa frase è diventata il motto, l’hashtag per i più giovani, di questo periodo, da quando l’Italia, e Bergamo ancora di più, si è ritrovata ammalata di un virus fino ad oggi sconosciuto, nonché paziente in attesa di una prognosi migliore. «Andrà tutto bene» sono le parole con cui gli ospiti di Casa San Michele, una struttura della Comunità Emmaus, hanno voluto colorare le pareti che li circondano.

Casa San Michele, un luogo meraviglioso, immerso nel Parco dei Colli, difficile da trovare per la sua posizione, ma proprio per questo, un po’ come un tesoro su un’isola, racchiude un grande valore, è una struttura dedicata a persone affette da AIDS, che, proprio per la loro condizione, sommata ad una situazione di vulnerabilità, non potrebbero (temporaneamente) vivere altrove. Ad oggi la Casa ospita una donna (in via piuttosto eccezionale, ndr), cinque uomini, una gatta, come gli ospiti tengono a sottolineare, conta cinque operatori e una decina di volontari. La vita a Casa San Michele in tempi normali scorre tranquilla, con alcuni inquilini impegnati in attività di volontariato e altri in camminate sui Colli; in piccoli gruppi e con la presenza degli operatori gli ospiti vanno a fare la spesa, approfittando per un pranzo fuori casa, in ospedale per le visite mediche di controllo, invitano i volontari per momenti di condivisione.

Da quando, però, in Italia le scuole hanno chiuso e sono stati lanciati i primi segnali di una situazione preoccupante, prima ancora che la Lombardia venisse dichiarata zona rossa e Bergamo si rivelasse una delle province attualmente più colpite, la vita a Casa San Michele ha iniziato a scorrere in modo diverso, per meglio dire, a non scorrere. «Considerata la condizione di salute degli ospiti e il rischio maggiore a cui potrebbero essere esposti, la prima misura che è stata attuata è stata quella dell’isolamento» – spiega Giuseppe Pigolotti, uno degli operatori della Casa, che continua – «Isolamento che, contrariamente a come possa essere inteso per la popolazione non immunodepressa, significa veramente totale chiusura dentro le mura domestiche. Se consideriamo inoltre la collocazione della casa, si può davvero affermare che la socialità degli inquilini sia stata davvero annullata».

Chi abita a Casa San Michele, infatti, non ha vicini di casa insieme ai quali intonare le strofe dell’inno di Mameli, non può fare una passeggiata, benché i Colli non siano luogo di assembramento, non può uscire nemmeno per motivi di necessità, come, ad esempio, fare la spesa. «Non è cambiato soltanto il modo di relazionarci con il mondo esterno – mi raccontano gli ospiti durante una video-chiamata – ma anche il nostro modo di vivere: il numero degli operatori presenti durante la giornata è ridotto, sono stati stabiliti turni per accedere alla cucina, per cui gli operatori cucinano per tutti e mangiano prima e ci lasciano trovare il cibo già pronto in tavola, solo per noi. Non possiamo più fare volontariato. Non possiamo più fare la spesa. Non possiamo più nemmeno ricevere un controllo medico per la nostra situazione. La convivenza 24 ore su 24, 7 giorni su 7 non è facile, ma per il momento procede bene. Siamo ancora più coccolati dagli operatori, visto che ora non possiamo neanche cucinare o uscire a comprare la sigarette – scherzano gli ospiti – ma ci rendiamo conto che è una situazione complessa e pericolosa, che speriamo passi il prima possibile, senza continuare a colpire così duramente la nostra città».

È cambiato il quotidiano, sono diverse e, per qualcuno più che per altri, pericolose tutte le azioni e le parole fino a poco tempo fa comuni e scontate. Andrà tutto bene, si tratta solo di aspettare ed essere pazienti.