Papa Francesco: “La tempesta mette a nudo la nostra fragilità. Possiamo salvarci solo insieme”

“Signore, apri i nostri cuori alla speranza” così Papa Francesco ha aperto la benedizione di questa sera in Piazza San Pietro.
Un uomo solo in una piazza immensa ha camminato a passi lenti, sotto la pioggia, come in un lento pellegrinaggio, fino al palco delle udienze, l’unico punto illuminato in mezzo alla penombra del tramonto. Il Papa è arrivato al microfono con la voce assottigliata e il fiato corto per la fatica della scalinata.

Tutt’intorno le fiaccole accese, in un’atmosfera di veglia, un segno forte di luce in mezzo al buio potente di questo momento, in mezzo a tutto il vuoto e il silenzio della città. Come la sentinella della Sacra Scrittura, Papa Francesco ha voluto tracciare anche con le parole una strada di speranza.

“Fitte tenebre si sono impadronite delle nostre città, delle nostre piazze, delle nostre vie – ha detto – riempiendole di un silenzio assordante e di un vuoto desolante. Si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi”. Siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta furiosa, come i discepoli nel Vangelo: “Siamo tutti sulla stessa barca, chiamati a remare insieme, e ognuno di noi è prezioso. Come i discepoli che a una sola voce dicono “Siamo perduti” anche noi ci siamo resi conto di non poter andare avanti ognuno per conto suo, ma solo insieme”. Nel Vangelo Gesù sta a poppa, nella parte della barca che per prima va a fondo e dorme sereno, fiducioso nel Padre. “Perché avete paura, chiede ai discepoli, non avete ancora fede?”. Il Papa parte da qui per costruire una riflessione lucida, profonda e incoraggiante: “Cosa significa che non hanno fede? Pensano che Gesù si disinteressi di loro, che non se ne prenda cura. E’ una frase che ferisce, che scatena tempeste nel cuore, anche in quello di Gesù che più di chiunque altro tiene all’uomo”. La tempesta che ci avvolge, aggiunge Papa Francesco, ci sta facendo scoprire quanto siamo fragili: “Essa smaschera la vulnerabilità e le false sicurezze sulle quali abbiamo costruito le nostre agende, le nostre priorità, ci dimostra cosa può accadere quando trascuriamo ciò che dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. Sono falliti tutti i tentativi di anestetizzare la nostra coscienza con abitudini apparentemente salvatrici ma incapaci di attingere alla nostra storia, alla nostra memoria. Sono caduti gli stereotipi con cui abbiamo mascherato il nostro ego”. L’emergenza ci sta spingendo a riscoprire l’appartenenza comune a cui non possiamo sottrarci, un senso di fratellanza tra tutti i popoli del mondo. “Siamo andati avanti a tutta velocità – ha proseguito il Papa – sentendoci forti e capaci di tutto. Non ci siamo fermati di fronte ai tuoi richiami, di fronte alle guerre al grido dei poveri, all’allarme del nostro pianeta. Pensavamo di restare sani in un mondo malato.

In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente a convertirsi, ad accogliere il tempo di prova come tempo di scelta, per separare ciò che è necessario da ciò che non lo è, l’appello a reimpostare la rotta della vita verso di te. Possiamo contare sull’esempio di tanti che hanno risposto a questo appello donando la loro vita”. Papa Francesco ha invitato a riconoscere le trame della storia contemporanea: “Oggi le nostre vite sono sostenute e intessute da persone comuni, che non compaiono su giornali, riviste e sulle passerelle degli show, ma stanno scrivendo ora gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermieri, commessi dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, volontari, sacerdoti, religiosi, forze dell’ordine e tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Davanti alla sofferenza sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù, che tutti siano una sola cosa. Quante persone seminano speranza con senso di responsabilità: genitori e insegnanti aiutano bambini e ragazzi ad affrontare la crisi alzando gli sguardi e stimolando alla preghiera”. Il Papa ha sollecitato a ricordare che la preghiera e il servizio silenzioso sono le nostre armi vincenti. “Non siamo autosufficienti da soli, abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Consegniamo a lui le nostre paure, scopriremo che con lui a bordo non si fa naufragio. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste. Con Dio la vita non muore mai. Il Signore ci invita a riattivare la solidarietà e la speranza, capace di dare significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Abbiamo un’ancora, nella sua croce siamo stati salvati. Nell’isolamento in cui stiamo sperimentando la mancanza degli affetti e degli incontri ascoltiamo l’annuncio che ci salva. Lasciamo che la speranza ci aiuti ad abbracciare le strade che ci aiutano a custodire e a custodirci. Dona conforto ai corpi e ai cuori. Non lasciarci in balia della tempesta”. Il Santo Padre si è fermato in preghiera davanti alla Madonna e davanti al Crocifisso. E’ rimasto in silenzio davanti al Santissimo Sacramento, esposto per l’adorazione.

Nel deserto di Roma è scesa la sera. Risuonano infine le campane, e si sentono – con una fitta di dolore – anche le sirene delle ambulanze. Ma più forti di tutto sono i gesti del Papa, con la sua benedizione, solitaria e intima, che arriva a tutti, come dono per il mondo e insieme per il cuore di ognuno: per chi è malato e solo, per chi soffre, chi lotta, chi spera.