Il vescovo Francesco a Nembro: costruiamo un santuario di preghiera, non con i mattoni, ma con la fede”

Ci sono cinque verbi, cinque azioni fondamentali in questo momento, alla base del messaggio che il vescovo di Bergamo monsignor Francesco Beschi ha offerto oggi durante il momento di preghiera al Santuario dello Zuccarello di Nembro. La località non è stata scelta a caso: questo paese della Valle Seriana è infatti tra i più colpiti dall’epidemia di coronavirus, uno di quelli che conta il maggior numero di decessi e di malati. A tutti monsignor Beschi ha assicurato così una particolare vicinanza.

Il vescovo ha invitato tutti a costruire insieme “un santuario di preghiera, costruito non di mattoni, ma con la fede”. E ha benedetto al termine l’intera Valle Seriana. Cinque, dicevamo, le parole chiave da tenere in particolare conto in questo momento.

Consolare

“La consolazione: dove posso riposare un po’ e mi sento compreso, accolto, capito fino in fondo. La consolazione ci strappa dalla solitudine. È il contrario della desolazione, consolazione è dire: io ci sono per te. Io non sono un passeggero in transito. Offriamoci questa consolazione”.

Sollevare

“Abbiamo bisogno del sollievo. Siamo appesantiti dalle notizie drammatiche. Abbiamo pesantezza del respiro, dobbiamo sopportare una situazione pesante; non dobbiamo sperimentare la pesantezza dell’incomprensione. Io porto con te questo peso perché sia meno pesante. Sollevare è qualcuno che, senza farlo pesare, porta il nostro peso insieme a noi”.

Rafforzare

“Abbiamo bisogno di fortezza, siamo sfiniti e per ritrovare forza serve il pane. Ma soprattutto quel Pane che rigenera la forza interiore. Abbiamo bisogno di chiarezza, di intelligenza, di un cuore capace di comprendere, di lucidità e di forza”.

Salvare

“Significa dire: mi hai salvato la vita. Chi ha percorso in maniera estrema la via della sofferenza avverte cosa significa essere stato salvato.
La salvezza è anche quella che ci offriamo reciprocamente mentre ci preserviamo dal reciproco contagio. E ci salviamo anche con la cura che ci offrono le opere sanitarie, i medici, gli infermieri e la cura nelle case.
Prenderci cura significa salvarci e riconsegnare alla vita un motivo per vivere”.

Promettere

“Vi chiedo: perché non facciamo un voto? Cominciamo con qualcosa di molto concreto. Io che promessa faccio al Signore per ritrovare la gioia della salute? La gioia della salvezza? Rinnoviamo i voti delle nostre Parrocchie, ognuno guardi se stesso e si chieda: io cosa posso promettere? Creiamo un tessuto di promesse reali. Il mio desiderio è quello di costruire un Santuario di Preghiera, sarà invisibile ma reale, sarà un Santuario della carità. Quando torneremo nelle nostre piazze, nelle Chiese, costruiamo un Santuario della carità. Finita l’epidemia non potremo sottrarci alla preghiera. Ho annunciato tempo fa la visita Pastorale nelle Parrocchie della provincia, non so quando sarà possibile, ma quando si farà, assumerà ancora maggior significato. Questo pellegrinaggio non deve essere privo della preghiera del Rosario. E questo sarà il grande Santuario della preghiera che la nostra Diocesi costruirà non con i mattoni ma con la fede”.