Let’s Art: una casa di idee e laboratori per la quarantena dei bambini

C’è quella di Leonardo, realizzata con una bandana e dell’alluminio e quella di Margaux, composta, esclusivamente, da cartoni e poi ci sono quelle di Mark, Nasuah e Ella (disegnate, semplicemente, su un foglio bianco, ma piene di colori), per non parlare di quella di Giulia e Ginevra, fatta, interamente, con la plastilina. Sono più di cento le case che, create con i materiali più disparati, sono giunte da ogni parte del mondo. Cosa hanno in comune? Essere state pensate dai bambini. È il progetto «Una casa di idee», inaugurato da «Let’s Art», giovanissima associazione che promuove laboratori artistici, creativi-esperienziali. «L’iniziativa è stata ed è, ovviamente, una risposta creativa alle settimane di reclusione, se così si può dire, che stiamo vivendo – spiega Valentina Albanese, 36 anni, laureata in Storia dell’arte e titolare, assieme a Nicole Tagliabue, dell’associazione –. Dai primi giorni di “quarantena”, sia io che Nicole abbiamo sentito la mancanza dei laboratori, di un calendario lavorativo inevitabilmente rimandato o cancellato. Animate da spirito di iniziativa e fantasia, abbiamo pensato, quindi, di offrire, a chi avesse voluto (in primis, ai tanti bambini che si erano iscritti ai nostri corsi), qualcosa che avesse potuto stimolare l’immaginazione e la laboriosità. E dato che è la nostra casa, in questo strano periodo, ad essere il principale ambiente in cui passiamo le ore, ci è venuto in mente di proporre la realizzazione di un proprio alloggio ideale: un luogo protetto e confortevole, insomma, che potesse ospitare gli oggetti più amati e che potesse essere assemblato e pitturato con qualsiasi materiale e colore».

Realizzare la casa ideale per oggetti e giocattoli

Le parole d’ordine di «Let’s Art» sono «libertà» e «assenza di giudizio»: «I nostri laboratori non aspirano ad un elaborato finale perfetto – afferma Albanese, pittrice ed assistente didattica presso il museo MUST di Vimercate –, a noi interessa che il bimbo possa creare liberamente, senza costrizione alcuna: non ci sono voti né giudizio. Un aspetto questo che, fortunatamente, è stato recepito dai bambini: alcuni si sono cimentati in opere molto complicate, altri ci hanno inviato la foto di un semplice disegno. Insomma, si sono sentiti liberi di dar vita a quel che più si sentivano di fare». È bastata una locandina improvvisata condivisa su Instagram e su Facebook e l’iniziativa, in pochissimo tempo, si è rivelata un successo. «Le locandine, pubblicate il 25 marzo, sono state due, una in italiano e una in inglese – racconta Nicole Tagliabue, 33 anni, una laurea in Lingue, un certificato Celta in tasca e un lavoro come insegnante di inglese presso una scuola dell’infanzia di Milano –. Fin da subito, abbiamo spiegato che si sarebbe potuto usare qualsiasi materiale (sia artistico che di recupero) e che le fotografie delle opere sarebbero state poi pubblicate in una sorta di mostra virtuale sui social. Pensavamo che avremmo avuto un buon riscontro, ma mai avremmo ipotizzato così tanta affluenza, dopo così pochi giorni».

Quei disegni arrivati da bambini di tutto il mondo

Una grande partecipazione che ha rivelato pure due sorprese: «Dagli Stati Uniti allo Sri Lanka, dalla Cina alla Malaysia, passando per l’Australia: ci ha stupito il numero dei disegni provenienti dall’estero – spiega Tagliabue –. E che dire dell’Europa? Francia, Scozia, Portogallo, Ucraina e tant’altri: l’adesione è stata davvero alta! Questo fa riflettere sulla potenza che, oggi, hanno i moderni canali di comunicazione. Ma un’altra sorpresa è stato il fatto che ci sono giunti disegni o composizioni anche da persone adulte. E anche ciò implica una riflessione: la creatività non cessa mai e, a volte, pare sia solo questione di un piccolo imprevisto, che possa sbilanciare la routine della nostra vita, per far sì che torni ad emergere. Del resto, l’obiettivo di “Una casa di idee” era proprio quello di fornire motivo di sperimentazione anche nell’isolamento, in relazione allo spazio-tempo attuale; un’occasione per dire che la creatività va oltre la mestizia di queste insolite giornate: la creatività è nella nostra casa, è dentro di noi». Composizioni e disegni che dicono tanto del periodo che stiamo vivendo. «Sia i materiali usati che i dettagli evidenziano, spesso, un senso di malinconia data dalla costrizione e di nostalgia dello spazio esterno – dice Tagliabue –, ma anche la speranza di chi non vuole arrendersi a questa situazione e dà voce all’immaginazione. Tengo comunque a dire che questa iniziativa, come, del resto, il nostro modo di condurre gli altri laboratori, non si prefigge un fine terapeutico, ma solo ludico, espressivo e relazionale».

L’arte per i piccoli, gioco senza giudizi e costrizioni

Nato lo scorso autunno, «Let’s Art» si propone di diffondere la metodologia «art-lab». «Io e Nicole ci siamo conosciute, l’anno scorso, alla scuola di arteterapia del LYCEUM Academy di Milano: ci siamo sentite subito in sintonia – spiega Albanese –. Qui abbiamo avuto modo di apprendere il metodo “art-lab” (basato sulla libera espressione creativa, in un ambiente privo di giudizio, senza imposizione alcuna) e deciso di utilizzarlo per lavorare con i bambini dai 5 ai 10 anni d’età. Abbiamo incominciato a proporre i nostri laboratori a scuole (primarie soprattutto) e ad associazioni private. I nostri corsi, bilingue (italiano e inglese), durano circa due ore: all’inizio, c’è una fase di conoscenza e una piccola “attivazione corporea”, spesso attraverso la musica e l’immaginazione, individuale e collettiva, che possa mettere i bambini in uno stato di agio e quiete. Poi, si passa all’elaborato. I materiali, come tempere ad acqua o pastelli a cera, sono scelti da noi, ogni percorso è infatti studiato e ha un fine, anche se, comunque, il bambino è libero di rielaborare, in modo sereno, processi e tematiche del giorno. Una volta terminata la fase creativa, inizia quella di condivisione e verbalizzazione: se il bambino vuole, può raccontare al gruppo che cosa ha disegnato, cosa ha provato nel farlo e perché. È soddisfacente, in questa ultima fase, vedere l’innescarsi di meccanismi di scambio arricchenti e come anche il bambino più chiuso riesca ad aprirsi con i propri coetanei. In una società come la nostra, estremamente individualista, è edificante appurare come i bambini siano ancora in grado di sapersi esprimere liberamente. Alla fine, ci si saluta e si riordina assieme, perché il materiale, come l’ambiente, va rispettato. Le regole, del resto, non mancano».

L’arte è scudo e rifugio contro la paura

Laboratori e corsi, quelli di «Let’s Art», che sperano di cambiare lo sguardo dei genitori. «Molti genitori, quando accompagnano i loro figli, pare si aspettino poi che i bambini tornino a casa con un lavoretto – racconta Albanese – , non è così. Il bambino può fare quello che vuole con l’elaborato finale. Non c’è giusto o sbagliato da noi, non ci interessa il risultato, ma il piacere che il piccolo ci mette nel realizzare un disegno o qualsiasi altra creazione e, soprattutto, cosa per lui rappresenta. Il nostro è un processo che non ha pretese educative, ma che può essere formativo per il bambino, per far emergere, attraverso il gioco, carattere e personalità. Paradossalmente, ci sono bambini che creativi non sono. E trovo frustrante che un genitore li obblighi a venire ai nostri corsi. Il rischio è poi quello che il bambino faccia cose solo per compiacere l’aspettativa altrui e questo non gli permette di crescere, se non “svuotato”. In una realtà omologata come quella contemporanea, in cui i genitori, continuamente, bombardano i figli di stimoli (dai corsi di equitazione a quelli di danza e via dicendo) è positivo che il bambino si annoi: è un suo diritto. Anche perché solo annoiandosi può scoprire l’importanza del tempo e cosa davvero gli può piacere nella vita». Una filosofia che, anche per «Una casa di idee», mai è venuta meno. «La casa è stato un pretesto che ha permesso ai bambini di liberare la creatività e incanalare le emozioni – affermano Albanese e Tagliabue –, magari riscoprendo pure certi legami familiari che, nella frenesia di ogni giorno, si erano un po’ persi. Con le fotografie inviateci, daremo vita a un video: un catalogo espositivo che pubblicheremo sui nostri canali social. Ma abbiamo già in testa tant’altre idee». Un entusiasmo contagioso, quello di Albanese e Tagliabue, non esente, però, da considerazioni profonde: «I bambini, con le loro casette, hanno dato vita a una vera e propria rete, che li ha uniti nonostante le distanze geografiche. L’arte, ancora una volta, ha saputo quindi farsi comunicazione e inclusione e, soprattutto, scudo e rifugio contro la paura. Anche per questo, ci auspichiamo che, in futuro, si investa sempre più su di essa, soprattutto nelle scuole».