Le mamme in quarantena: salti sul divano e castelli nelle ceste del bucato. Intanto il tempo manca e fugge via

Segnano le tacche sul muro, come i carcerati. Poi vengono di corsa da me e mi aggiornano: “Mamma, sono 60 giorni che siamo in quarantena”. A sentirlo pronunciare da loro il numero fa ancor più impressione. “Quando finirà?”. “Ancora pochi giorni bimbi, resistete”.

E tra te e te pensi a quanto questa situazione appaia irreale. Perché non avresti mai potuto concepirla, perché alla fine, malgrado tutto, per fortuna ci si è adeguati e si è riusciti a entrare in una dimensione parallela. Nella quale però, lo ammetto, io comincio a trovare non pochi disagi. A partire dall’idea che i miei figli non stanno mettendo naso fuori dalla porta di casa da due mesi.

Per carità, sopravvivono alla grande. Giocano tra di loro, corrono tra divano, letto, tavolo. Col pallone sono riusciti a rompere la tv, in una cesta hanno creato castelli. Ma fa comunque effetto sapere che mentre un adulto può trovare motivazioni varie per uscire, dalla spesa alla passeggiata del cane (ma ho incontrato anche chi chiacchiera al telefono, chi si rifugia in auto ad ascoltar musica, chi porta fuori la pattumiera facendo lunghi giri attorno al quartiere), loro siano letteralmente blindati.

Il mio vicino, da qualche giorno, fa uscire in cortile il suo bimbo con una macchinina radiotelecomandata verso le nove di sera, quando tutto tace, poi dopo 10 minuti rientra. La mia dirimpettaia esce sul piccolo balcone coi due figli e balla con loro. L’altra vicina li fa affacciare alla finestra dalle 8 del mattino alle 10 perché è l’orario nel quale il sole batte sulla loro facciata. Mia sorella è alle prese con un bimbo di due anni e uno nato un mese fa che ancora non conosco. Non ha un attimo per sé, non dorme, non sa più cosa inventare.

Io mi sveglio al mattino col planning didattico di Tommy che giorno dopo giorno mi devo preparare per non perder pezzi: italiano, matematica, spazio, tempo, scienze, pure musica. E’ in prima elementare, ha un “meet” al giorno di un’ora e mezza online e i compiti da fare. Alice ha cinque anni, vorrei tanto stimolarla con qualche attività mentre il fratello studia, ma alzo bandiera bianca e la lascio inventarsi cose da fare.

Il tutto senza considerare il mio, di lavoro. Che ormai non riesco assolutamente più a portare avanti. Dovrei inventare nuovi progetti, pensare a cosa ne sarà di me una volta che ne usciremo, trovare clienti nuovi, non perdere l’ottimismo. Ma niente, quasi tutte le giornate mi sfuggono tra le dita. Tra compiti, giochi da inventare, colazioni, pranzi, merende e cene da cucinare, casa da riordinare, videolezioni da seguire. No, non ho tempo per fare ginnastica, come raccomandano. Non ho tempo per leggere e a volte nemmeno per pensare. Non polemizzo, eseguo, mi adeguo. Mi adeguo anche all’idea che i bimbi non torneranno a scuola mentre io dovrò per forza trovare un modo per lavorare. Come farò boh. Non so, davvero non so come ne uscirò. Io. E tante mamme come me.