Verso l’alt(r)o, la meditazione della settimana. Sepùlveda e il Vangelo: il legame tra lettera e vita

La rubrica “Verso l’alt(r)o” offre ogni settimana, ogni venerdì, alcuni spunti di meditazione, preparati per noi da un gruppo di giovani collaboratori dell’Ufficio diocesano Tempi dello spirito. Buona lettura.

Il buio stava calando sulle montagne quando mi svegliai al tocco di una lingua tiepida e umida che mi scivolava addosso dal muso alla coda. […] Così sospeso venni trasportato fino a una grotta e là il mio salvatore, nawel, il giaguaro, condivise con me il calore del suo grande corpo.

[…] Passarono vari giorni. Nawel, il giaguaro, misurava le mie forze spingendomi con le zampe o con la testa, io mi sentivo sicuro sulle gambe e mi azzardavo addirittura a uscire dalla grotta, per scorrazzare su pire, la neve bianca indurita.

Una notte senza ombre in cui kuyen, la luna, decise di condividere la sua luce con la neve, nawel mi prese di nuovo per la collottola con i denti e ci mettemmo in viaggio scendendo dalle montagne.

Quando vidi, spaventato, che ci allontanavamo sempre più dalla tiepida grotta, abbaiai la mia paura chiedendo di tornare. Allora nawel mi posò a terra e ruggì. E io compresi.

(Luis Sepùlveda, Storia di un cane che insegnò a un bambino la fedeltà)

 

I racconti più famosi che questo scrittore ci ha lasciato sono favole. Un linguaggio semplice e carico di immagini. Eppure lo scrittore ha un passato fortemente radicato nella realtà, si è mischiato alle vicende socio-politiche del suo paese, il Cile; ha lottato nella sua vita per la causa ambientalista.

Alla luce del suo vissuto, i suoi racconti, le sue favole animali, assumono un significato e una forza nuova. Ha scelto questo linguaggio per consegnare al lettore dei valori fondamentali, temprati dalla sua vita.

I nomi che parlano della natura sono sempre in lingua mapudungun, la lingua del mapuche, gente della Terra, la sua gente. Con questo rispetto per i nomi, Sepùlveda ci richiama alla realtà, rafforza il legame tra lettera e vita.

Penso alla grande narrazione evangelica che illumina questi nostri giorni. La Resurrezione di Cristo. Adesso, in questo momento carico di fatica. La mia fede mi porta a dire che anche quella lettera è legata alla vita. Lascio scorrere il fluire di questo pensiero: dalla vita di Sepùlveda, la sua favola, il Vangelo, fino alla mia vita. Gioco al rialzo! Se Sepùlveda scrive di cani, anzi di trewa, con quello che ha vissuto, quanto io posso accogliere la Parola di Resurrezione nella mia vita.

Leggo e rileggo questo evento, lascio che si mescoli ai miei pensieri e ai miei sentimenti, che li plasmi. I frutti sono gioia – “Vado e tornerò da voi. Se mi amaste, vi rallegrereste” – e pace, “vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 14). Sono frutti che nascono spontanei in chi accoglie il racconto di Gesù, è una sua promessa! Davvero li si può scorgere in tante persone, altri anche me lo hanno confidato.

Lasciamo entrare questa Parola di Dio nelle nostre esistenze. Crediamo a questa lettera che davvero è speciale e particolare per ogni uomo. Per tutti! Custodiamola nel cuore, non dimentichiamola, lasciamo scrivere la nostra vita da questa Parola.