Fiabe della città deserta. Le avventure dei cerbiatti esploratori

Nei giorni della pandemia di covid-19 (e ancora per poco, in attesa che parta la “fase 2”) le città si sono svuotate e sono diventate silenziose come deserti. Siamo rimasti colpiti dalle immagini degli animali selvatici che tornano per le strade: i delfini a Venezia, i cinghiali a Roma, cervi, volpi, lepri, conigli selvatici e caprioli nelle campagne, sul limitare dei boschi. Così nascono queste fiabe della città deserta, come una carezza, come segno di speranza e di tenerezza, un invito a guardare la nostra realtà, oggi così dura, con altri occhi, per ritrovare la meraviglia. Sempre con una dedica speciale a chi soffre, a chi veglia, a chi si sente stanco e spossato, a chi fatica a trovare la forza di lottare. Le foto sono © di Giovanni Diffidenti, scattate in città.

Quando il bosco si sveglia, all’alba, la luce arriva pian piano, un raggio di sole alla volta. Si sentono solo il canto degli uccelli e il mormorìo delle foglie. Questi suoni compongono una melodia che invita i cerbiatti ad aprire gli occhi e ad alzare le orecchie, come se fosse una sveglia. Si raddrizzano sulle zampe, si spostano sul prato a balzi. L’erba ancora umida ha un profumo fresco, a terra i rami calpestati scrocchiano.

“Non possiamo allontanarci, la mamma si arrabbierà” dice Blu, che è il più piccolo.

“Hai paura di tutto” gli risponde Noa, e intanto si guarda intorno per vedere se la strada è sgombra, se i grandi sono abbastanza lontani.

“Qui al sole si sta benissimo” aggiunge Bibi. Per lui le regole sono una cosa seria, e vanno rispettate, sempre.

“Allora restaci” conclude Kiko, spazientito, e si mette a correre. Noa scuote la testa, poi lo segue, veloce.

Kiko e Noa hanno un piano: vogliono esplorare il mondo. Sono sicuri che sia più grande di quel prato e di quel bosco, dove devono stare rinchiusi. La mamma dice che è pericoloso, ma loro pensano di essere abbastanza grandi. Sanno correre come lampi, sanno capire quando bisogna scappare. Vogliono vedere un po’ più in là, poi torneranno a casa e (forse) si comporteranno bene. Come se fosse una gita, ma senza la guida degli adulti.

Il bosco è un bel posto dove vivere. I cerbiatti ormai ne hanno esplorato ogni angolo. Conoscono i fiori, gli alberi, le foglie, il torrente. La mamma li tiene al sicuro, gli insegna a procurarsi il cibo, a riconoscere i segnali di pericolo, a nascondersi e a scappare.

Noa è curiosa, Kiko è ribelle. Ecco perché vanno così d’accordo e sono anche migliori amici. Per loro scappare è un fatto naturale, come le macchie che hanno sul mantello.

Correre è emozionante. Sentire l’aria sul muso, l’energia che attraversa il corpo e fa scattare i muscoli. I colpi delle zampe sul terreno seguono il ritmo forte e regolare di un tamburo. Noa e Kiko si sentono felici, senza limiti né regole. “Finalmente” pensano.

Escono dal bosco, scoprono una nuova strada. Gli alberi si diradano, non ci sono più terra, foglie, rami e prati, ma un cordone grigio d’asfalto. Dopo un po’ le zampe fanno male, devono rallentare la corsa.

Ci sono case, automobili, una città. Noa e Kiko si fermano: e se incontrassero gli esseri umani? La mamma ha raccontato tante storie su di loro, come si fa a capire se erano vere oppure inventate per spaventarli? E se poi si cacciano davvero nei guai? Nessuno sa dove sono, nessuno potrebbe venire a salvarli.

Sono in allarme, pronti a tornare indietro al primo segnale di pericolo.

“E’ strano, non c’è nessuno” dice Noa.

“Andiamo avanti ancora un po’ ” risponde Kiko.

La città sembra disabitata.

Noa e Kiko si imbattono in uno strano muro che riflette la luce. E’ la vetrina di un negozio, ma loro non lo sanno. Si avvicinano. Vedono il loro riflesso, due cerbiatti uguali a loro. Provano ad avvicinarsi, ma il muso si ferma contro quella strana superficie, fredda. Quindi si spostano lentamente curvando la testa un po’ a destra e un po’ a sinistra. I cerbiatti di fronte fanno lo stesso. Così Noa, che è molto sveglia, capisce qual è il meccanismo.

“Lo so che è incredibile – dice – ma siamo noi”.

Dopo un po’ Kiko e Noa si stufano di quel passatempo e ne vanno. Provano ad avvicinarsi ad una casa. La finestra è aperta.

Noa ha paura, ma Kiko decide di avvicinarsi ancora.

C’è un essere umano disteso accanto alla finestra. Ha gli occhi chiusi, sta dormendo.

Kiko arretra piano e finisce contro Noa. Per poco non cadono entrambi.

“Che cosa ci fate qui? Non è posto per voi, andate via” ringhia un grosso cane nero.

I due cerbiatti si mettono a tremare come foglie.

“Ci scusi, non lo sapevamo”

“Ah davvero? E dov’è la vostra mamma?”

I due cerbiatti tremano ancora di più, quasi non si reggono più sulle zampe. “La prego, non ci faccia del male” implorano. Dov’è finito tutto il loro coraggio?

“Smettetela, su. Non volevo spaventarvi – borbotta il cane -. Siete due cuccioli disobbedienti, dovete tornarvene nel bosco”

“Ci dispiace” mormora Noa. Si vergogna così tanto che vorrebbe sparire sottoterra.

“Gli esseri umani sono chiusi in casa – spiega il cane -. Le strade di solito sono piene di persone e di voci. Le automobili, come quella lì dietro di voi, corrono veloci e sono pericolose per gli animali selvatici, che non sanno stare in una città. Da un po’ di tempo, però, non esce più nessuno.  Restano tutti all’interno, non si fanno quasi più vedere. Ci dev’essere un pericolo di cui non sappiamo niente. Anche per questo è meglio che torniate subito indietro”.

Noa e Kiko lo guardano con la bocca aperta, pieni di stupore: la loro avventura è molto più interessante di quanto avrebbero mai osato sognare, ma anche molto rischiosa. Sarebbe bello se ci fosse anche la mamma! Il pensiero, però, dura solo un attimo.

Si guardano intorno, vedono altri esseri umani alla finestra, che li osservano e agitano le mani. Sembra un gesto amichevole, forse, ma per loro è spaventoso.

“Via di corsa, adesso – li spinge via il cane -. E se un essere umano decidesse di uscire per catturarvi?”

“Grazie” rispondono i cerbiatti e dopo essersi scambiati uno sguardo veloce si mettono a correre.

Noa e Kiko hanno superato i confini, sono arrivati dove nessun altro cerbiatto è stato prima, hanno scoperto quanto coraggio devono avere gli esploratori: fuori dal bosco non c’è niente di sicuro, le regole non valgono. Di fronte a un pericolo che non conoscono tutti si sentono fragili, perfino gli esseri umani, figuriamoci due cerbiatti.

La mamma li aspetta sul confine del bosco: “Stavo per venire a prendervi” li apostrofa in modo severo.

Noa e Kiko abbassano la testa, incerti. Ascoltano il mormorio delle foglie. Gli scoiattoli si rincorrono sui rami. I loro amici saltano sul prato. E’ strano, ma sembra tutto più bello. Ecco cosa provano gli esploratori quando scoprono un nuovo mondo. Chissà se lo faranno ancora, un giorno.

“Siete diventati grandi” mormora la mamma. Non vorrebbe farsi sentire, ma loro hanno le orecchie aperte. Chissà se anche i cerbiatti sorridono.

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