Ragazzi, tocca a noi. Lettera per una buona ripartenza

A. tutti i ragazzi di Grumello del Monte e di Telgate

Cari ragazzi,

mi metto dinanzi al computer, come faccio per diverse ore al giorno in questo tempo di lavoro quasi esclusivamente online, per provare a guardare al futuro ormai prossimo, leggendo in esso le responsabilità che, necessariamente, si aprono per ciascuno di noi.

“Riapertura”

“Riapertura” è il termine che, in questi giorni, è maggiormente risuonato nelle nostre comunità. Con questo termine, facciamo riferimento a esigenze diverse, tutte importanti.

Penso innanzitutto alla necessità di riapertura che significa ripartenza della possibilità di lavorare. Il lavoro è necessario alla vita dell’uomo, sia perché fonte di sostentamento economico, sia perché conferisce dignità alla persona. La riapertura è necessaria, ferme restando le regole sanitarie con le quali limitare il rischio di nuovi contagi da COVID-19, che potrebbero condurre a nuove chiusure e a risvolti drammatici per molti.

Penso anche, soprattutto in riferimento a voi ragazzi, alla riapertura intesa come possibilità di ripresa delle relazioni che caratterizzano ordinariamente le nostre giornate. Abbiamo voglia e bisogno di incontrare i nostri cari, i nostri amici, i nostri compagni di scuola. È giusto e normale sia così, ci sarebbe da preoccuparsi se non sentissimo questo desiderio! In particolare, voi siete in quella fase della vostra vita in cui la “fisicità” dell’incontro è fondamentale (anche se questo vale anche per noi adulti). So bene, perché diversi di voi mi hanno scritto o raccontato per telefono, che fate fatica a stare in casa. La voglia di correre, di fare allenamenti e partite, di un bel giro con gli amici è tanta! Vi capisco benissimo! Ora, pian piano, la situazione evolve e, alla luce dei decreti del governo, ci sarà permesso di rivivere alcune delle esperienze che tanto stiamo sperando di riprendere.

Siamo seri, siamo responsabili

Ecco, la mia riflessione si colloca a questo livello. Dovremo essere bravi, ragazzi. Affermo questo perché il desiderio di incontrarci è talmente forte che potrebbe condurci, se non siamo attenti, a dei comportamenti pericolosi per noi e per le persone a noi care.

Mi spiego con riferimenti pratici. A breve dovrebbe essere permesso di uscire e di riprendere la frequentazione delle altre persone, seppur tenendo le distanze che verranno richieste e indossando i dispositivi di protezione individuale (mascherine ecc.). Sarà fondamentale che siamo seri su questo, ragazzi! Potrebbe infatti accadere che si ragioni in questo modo: “Vabbè dai, io esco di casa con la mascherina, ma quando sono con i miei amici poi la tolgo… se no è da sfigati…: tanto, se vado in quella via un po’ nascosta, in quel bosco vicino agli alpini, in quella zona là, mica verranno a vedere i carabinieri!”.

Ecco, se il ragionamento sarà questo, avremo fallito. Voi, noi educatori, le famiglie, la Chiesa. Tutti. Perché se pensiamo che quello bravo, intelligente, furbo è colui che sa eludere la sorveglianza delle forze dell’ordine e fare ciò che vuole, dimostrando che per lui la vita degli altri, perfino dei suoi cari, non vale nulla, siamo proprio messi male e tante attività educative non sono servite a niente.

Mi raccomando ragazzi, vogliatevi bene e vogliatene agli altri. È vero che, forse, se vi incontrerete senza mascherine e senza rispettare le distanze non vi ammalerete. Voi no. Ma basta che uno di voi, che per via della giovane età non se ne accorge o perché del tutto asintomatico, sia ammalato, che la vita dei vostri genitori, nonni, amici può essere messa in grande pericolo. Non scherziamo con questioni serie ragazzi: c’è la vita di tutti in gioco, anche la vostra!

Potete dimostrare che meritate la fiducia che avete chiesto agli adulti

A volte, in questi anni, mi avete rimandato il dolore per l’impressione che il mondo adulto non vi dia facilmente fiducia. Ho spesso sostenuto la vostra posizione. Ho invitato la gente a fidarsi di voi. Ho dovuto lottare, a volte ricevendo critiche pesanti, per affermare che non credere in voi significa non credere nel nostro futuro. Ricordo bene le battaglie, pochi anni fa, con chi sosteneva che non bisognava mandare al CRE degli oratori i bambini perché sarebbero stati seguiti da ragazzini inaffidabili, senza voglia di fare, che pensavano solo al cellulare, a stare tra di loro e alla ragazzina o al ragazzino che piaceva (e, su questo, non ho mancato di rimandarvi a chiare lettere che, a volte, queste cose qualcuno le ha fatte, contribuendo a danneggiare l’immagine di tutti, anche dei molti che si impegnano con serietà).

Ecco, ora ragazzi avete la possibilità di ridire con forza che voi meritate la fiducia del mondo adulto. In queste settimane, almeno nelle mie due comunità, eccetto rare eccezioni ho visto che siete stati bravi e avete rispettato le regole. Avanti così!

Tocca a voi ragazzi! O meglio, mi ci metto anch’io, tocca a noi! Non affermo questo per lanciare uno slogan, ma perché la mia fede mi chiede di non stare a guardarvi, ma di essere con voi e per voi, quando le cose vanno bene e quando vanno male.

Vi ricordo! Fatemi fare un po’il profe, prima di salutarvi: cercate di studiare seriamente, in queste ultime settimane di scuola, e fatelo per voi stessi!

A presto!

Don Alberto