Diario del Ramadan: il caffè (a distanza) con nonna Salha

Continua la nostra rubrica per raccontare il Ramadan e capire meglio e più da vicino che cosa accade in questo periodo nelle comunità musulmane che vivono tra di noi. Questa proposta nasce in collaborazione con l’Ufficio diocesano per il dialogo interreligioso di Bergamo: un’iniziativa culturale a sostegno della conoscenza reciproca e del dialogo. Protagonista di questo “diario” è una giovane studentessa universitaria che vive e lavora nella nostra provincia. Leggi la prima puntata qui, la seconda qui. La terza qui.

Metà Ramadan è già alle spalle. La fase due è finalmente iniziata e anche se a rilento possiamo uscire e  godere di questa tarda primavera. Sotto il sole tiepido mentre passeggio prima dell’iftar penso che sia curiosa questa nostra tendenza a misurare le distanze.  Calcoliamo i 200 metri entro i quali possiamo uscire, contiamo quanti giorni mancano alla fine del lockdown e quanti minuti mancano per rompere il digiuno. È un’ossessione umana stabilire un inizio e una fine, ed ora, mantenere la distanza di un metro dagli altri è anche una questione vitale. Eppure, per me la distanza è sempre stata una cosa normale. Stare lontano dai nonni, zii, parenti. Sono cresciuta senza partecipare a feste in famiglia, matrimoni o per giunta ai funerali. Non sono cose che mi mancano, ma cose che non ho mai avuto e di cui non sento il vuoto. Conosco molte persone che a causa del covid-19 hanno perso i loro cari e la cosa che dispiace di più è il fatto che non abbiano potuto onorarli nell’ultimo viaggio e star loro vicino. Ho 24 anni e non so che cosa voglia dire perdere qualcuno da vicino. Non so nemmeno cosa voglia dire smettere all’improvviso di vedere i propri parenti e ridursi ad una sessione via Zoom. Per quanto mi riguarda è tutt’altro. La videochiamata con i nonni è il momento più bello della giornata. Solitamente ci sentiamo qualche volta durante la settimana ma a Ramadan è un appuntamento fisso. Ed è così che dopo che loro hanno finito di mangiare, con il fuso orario di un’ora, mentre noi qui prepariamo il caffè di rito, il telefono squilla ed io so già che è nonna pronta con una delle sue storie su cosa è successo durante la giornata o su cosa ha cucinato. Ed è in quell’istante che riesco a sintetizzare la mia vita.  Tremila km di distanza, un lockdown eterno in Italia interrotto da “fasi 2” ad estati alterne per visitare i congiunti e un piccolo schermo luminoso che anche se in questi giorni è divenuto una gabbia per molti, per me è sempre stato la rivoluzione più grande.