Silvia Romano. La felicità per la sua liberazione. Qualche domanda sulla sua conversione all’Islam

Tutti i telegiornali e tutti i giornali sono stracolmi della notizia: Silvia Romano, la cooperante rapida dai fondamentalisti islamici, è stata liberata. Si è convertita all’Islam e si chiama Aisha.

Felicissimo per la liberazione, ovviamente. Anch’io ho divorato tutte le notizie che si sono rincorse in queste ore. Ho continuato ad ammirare lo straordinario coraggio di una ragazza così e le sue scelte di andare laggiù, in pura perdita, a lavorare per i bambini di un villaggio del Kenya. E ho ripreso a indignarmi per le critiche rozze di tanti soloni della nostra pubblica opinione che, anche adesso, si sono limitati a chiedere quanto è stato pagato il riscatto della Romano.

Tra le tante notizie, c’è anche quella che Silvia si è convertita all’Islam. Nelle dichiarazioni date subito dopo la liberazione Silvia si è preoccupata di rassicurare che la sua conversione è stata fatta “per convinzione”. Che, dunque, la conversione è frutto di una decisione libera. Il fatto che la giustificazione sia stata offerta così tempestivamente è segno che anche Silvia avvertiva che era un po’ difficile credere a quella libertà da parte di un normale cittadino italiano. Questo, infatti, pensa di non essere libero semplicemente perché è in quarantena per qualche giorno. Silvia Romano, invece, assicura di essere stata libera anche se sequestrata, costretta a spostarsi continuamente, reclusa in grotte, in piccoli villaggi sperduti in Kenya e in Etiopia, per quasi due anni.

Ovvio che si può restare liberi anche in situazioni così. Anzi, si può aggiungere: la libertà viene esaltata proprio dall’ambiente ostile in cui si vive.

Ma nel caso di Silvia resta inquietante un particolare che è decisivo: i valori “nuovi” ai quali si è convertita sono quelli dei suoi sequestratori. E a me, “normale” cittadino in quarantena, questo particolare fa nascere una domanda impegnativa: è vera libertà essere d’accordo con chi mi ha tolto la libertà? Bel problema, che deve restare vivo e che non può essere tacitato con i grandi meriti della scelta coraggiosa di Silvia.

Naturalmente, nel nostro piccolo, auguriamo tutte le felicità possibili a Silvia. Nonostante tutto e soprattutto nonostante i nostri piccoli, incerti e forse un po’ borghesi dubbi sulla sua conversione.