Papa Francesco racconta San Giovanni Paolo Magno: “Hanno in comune lo sguardo attento alle periferie del mondo”

Don Luigi Maria Epicoco è coautore del volume di Papa Francesco “San Giovanni Paolo Magno” (Edizioni San Paolo 2020, pp. 128, 12,00 euro), che contiene una serie di conversazioni familiari tra Bergoglio e Don Luigi, avvenute nell’arco dei mesi giugno 2019 – gennaio 2020 protagonista il pontefice polacco, la cui nascita avvenne cento anni fa, il 18 maggio del 1920.

La figura di Papa Wojtyla, proclamato santo da Papa Francesco con Giovanni XXIII il 27 aprile 2014, appare sempre più poliedrica col passare del tempo e ciò traspare dalle pagine del libro, prezioso dialogo sulla vita e sulla spiritualità di San Giovanni Paolo II, che ha anche toccato alcuni aspetti che interessano tutta la Chiesa.

Papa Wojtyla appare sempre di più “Wojtyla il Grande” e si comprende il motivo per cui il popolo riunito in piazza San Pietro nel giorno del suo funerale abbia gridato: “Santo subito!”.  Ricordiamo che fu proprio Giovanni Paolo II a volere Bergoglio vescovo ausiliare di Buenos Aires e poi a sceglierlo come arcivescovo e a crearlo cardinale.

Rileggendo le vite dei due Papi attraverso la voce di Papa Francesco e i tratti salienti della biografia di Wojtyla redatta da Don Luigi, curatore del volume, “a partire soprattutto dalle sue stesse parole prese in momenti diversi da discorsi, interviste o pagine autobiografiche scritte direttamente da lui”, appare chiaro quanto sia stata importante la figura di San Giovanni Paolo II nell’esperienza umana e ecclesiale di Papa Francesco.

Abbiamo intervistato Don Luigi Maria Epicoco, sacerdote dell’arcidiocesi di L’Aquila, che insegna filosofia alla Pontificia Università Lateranense e all’ISSR “Fides et Ratio” di L’Aquila, di cui è anche Preside.

Don Luigi, è vero che quando il cardinale Wojtyla venne eletto papa il 16 ottobre del 1978, l’allora giovane gesuita Jorge Mario Bergoglio non aveva mai conosciuto o avuto rapporti con il cardinale di Cracovia?

«Non soltanto non l’aveva mai conosciuto, ma non sapeva neanche dell’esistenza del cardinale Wojtyla. A sentire quel cognome, a Bergoglio balzò in mente l’idea di un papa venuto dall’Africa, poi gli hanno spiegato che in realtà il nuovo pontefice era un cardinale polacco».

A quando risale il primo in­contro di Bergoglio con Giovanni Paolo II e dove si trovava il 2 aprile del 2005, giorno della morte di Papa Wojtyla? 

«Il primo incontro di Papa Francesco con Giovanni Palo II fu nel 1982 quando  Wojtyla visitò l’Argentina, ma Bergoglio allora non ebbe modo di parlare con il papa. Nel 1987 quando Giovanni Paolo II tornò in Argentina, Bergoglio e Wojtyla ebbero un breve colloquio insieme. Nel 2005 quando morì Giovanni Paolo II il cardinale Bergoglio si stava recando in una baraccopoli nella periferia di Buenos Aires su di un bus. Lì apprese la notizia. Sceso dal bus, Bergoglio pregò con la gente del posto, celebrando l’Eucarestia ricordando il papa polacco appena scomparso. Qui Papa Francesco, rammentando l’episodio, aggiunse una nota ironica. Una donna anziana gli disse: “Mi raccomando, se la eleggono papa, stia attento!”».

Ripercorrendo alcuni momenti salienti dell’esistenza di San Giovanni Paolo II notiamo alcune similitudini nella vita dei due Pontefici, il polacco e l’argentino. Che cosa ne pensa?

«Sì, innanzitutto entrambi vengono da Paesi che sono lontani da quella che è la tradizione italiana dei papi. Non dimentichiamo che Giovanni Paolo II è il primo papa non italiano dopo secoli. Inoltre entrambi provengono da periferie ecclesiali, la Chiesa dell’Est, la Chiesa del silenzio di San Giovanni Paolo II e l’America Latina, questa “fine del mondo”, come l’ha definita lo stesso Bergoglio quando è stato eletto papa. Quindi penso che la grande somiglianza sia aver portato nel governo della Chiesa di Roma uno sguardo della periferia, di una Chiesa che ha vissuto anche la fatica dell’essere cristiani e anche le sfide contemporanee. Prima di diventare sacerdoti Bergoglio e Wojtyla hanno lavorato in una fabbrica, hanno conosciuto la vita, entrambi hanno conosciuto situazioni di amarezza politica, pensiamo al regime comunista in Polonia e a quello della dittatura in Argentina. Entrambi da giovanissimi sono stati rivestiti di grandi responsabilità di governo».

Ha domandato a Papa Francesco se hanno ragione tutti quelli che sono convinti che Giovanni Paolo II è stata una figura decisiva per il crollo del muro di Berlino. Che cosa ha risposto il Santo Padre?

«Papa Francesco è estremamente convinto di questo. Bergoglio ha aggiunto, anche se non è riportato nel libro, non soltanto Wojtyla ha denunciato tutto quello che era “la dittatura dei muri” dell’epoca, ma ha messo in guardia da quel consumismo contemporaneo, che è una forma di “dittatura latente”, che noi continuiamo a vivere. Dunque San Giovanni Paolo II non si è limitato solo a contrastare l’ideologia comunista ma anche quella consumistica, che imperversa in Occidente».

Durante il dialogo Papa Francesco ha ricordato la “fine e acuta sensibilità per la Misericordia” di Papa Giovanni Paolo II, una delle parole chiave del pontificato del papa argentino. C’è forse una sorta di continuità tra i due Papi, accomunati entrambi da una straordinaria personalità?

«Dobbiamo precisare che la definizione di Misericordia è l’amore di Dio nella miseria, non è liberarci dalla miseria ma amarci nella nostra miseria. Quando gliel’ho domandato, Papa Francesco mi ha risposto che ha imparato da Papa Wojtyla. Vorrei aggiungere che tra i pontificati di San Giovanni Paolo II e di Papa Francesco c’è quello di Benedetto XVI, il quale ha dedicato la sua prima enciclica “Deus Caritas est” all’amore, alla Misericordia. Gli ultimi pontificati, perciò sono stati i pontificati della Misericordia. C’è una profonda continuità tra i due Papi, nella diversità. La continuità non è ripetere le stesse cose, ma significa sposarne le prospettive di fondo e farle dialogare con quello che è il presente, la vita attuale».

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