Pandemia, la lezione di Etty Hillesum: “L’unico modo di preparare tempi nuovi è coltivarli in noi stessi”

Pandemia covid-19: siamo chiusi in casa, non possiamo abbracciare le persone a cui vogliamo bene, non abbiamo certezze sul futuro. Qualcuno di noi ha perso genitori, amici, conoscenti. Un grande dolore attraversa le nostre famiglie, le nostre strade, la nostra città.

C’è una ragazza di ventisette anni che, oggi, ha tanto da dirci: si chiama Etty Hillesum, è nata ad Amsterdam nel 1914 ed è morta ad  Auschwitz nel 1943. Etty ha raccontato gli ultimi anni della sua vita in un diario preziosissimo, che mostra una vita interiore capace di contrastare un dolore sempre crescente. Il buio dei suoi tempi è l’ascesa del nazismo: Etty vive prima nel campo di prigionia di Westerbork, poi nel campo di sterminio di Auschwitz.

Non c’è senso nel confrontare il suo buio al nostro, ma ci sono atteggiamenti e parole di Etty che sanno insegnare anche ai nostri giorni.

Primo, il suo abbandono totale alla vita. Etty accoglie ogni momento come un dono:

Ho una fiducia così grande: non nel senso che tutto andrà sempre bene nella mia vita esteriore, ma nel senso che anche quando le cose mi andranno male, io continuerò ad accettare questa vita come una cosa buona.

Secondo, la capacità di accogliere la sofferenza come parte integrante della vita. Etty non scappa: piange, esprime il suo dolore, fa fatica. Ma la sua sofferenza è un costante processo di trasformazione che la avvicina a se stessa e agli altri:

Ieri è stato un giorno pesante, molto pesante; ho dovuto soffrire molto dentro di me, ma ho assorbito tutte le cose che mi sono precipitate addosso, e mi sento già in grado di sopportare qualcosa in più. In questa nuova situazione dovremo imparare un’altra volta a conoscere noi stessi. 

Se sapessero come sento e come penso, molte persone mi considererebbero una pazza che vive fuori dalla realtà. Invece vivo proprio nella realtà che ogni giorno porta con sé. L’uomo occidentale non accetta il ‘dolore’ come parte di questa vita: per questo non riesce mai a cavarne fuori delle forze positive. 

Terzo, una fede incrollabile in Dio e negli uomini. Un rapporto intimo e personale con quel Dio che Etty identifica come la parte più profonda e autentica di sé. La parte più preziosa, a cui rimanere saldamente aggrappata anche in tempi di grande dolore:

L’unica cosa che possiamo salvare di questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzo di te in noi stessi, mio Dio. E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. Sì, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali: anch’esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: tu non puoi aiutarci, ma tocca a noi aiutare te, difendere fino all’ultimo la tua casa in noi. 

Quarto, la consapevolezza che un mondo nuovo, migliore, è possibile solo se coltivato personalmente da ognuno.

L’unico modo che abbiamo di preparare tempi nuovi e di prepararli fin d’ora in noi stessi.  

“Si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite” scriveva Etty Hillesum. Oggi lei può esserlo per noi.