Continua la nostra rubrica per raccontare il Ramadan e capire meglio e più da vicino che cosa accade in questo periodo nelle comunità musulmane che vivono tra di noi. Questa proposta nasce in collaborazione con l’Ufficio diocesano per il dialogo interreligioso di Bergamo: un’iniziativa culturale a sostegno della conoscenza reciproca e del dialogo. Protagonista di questo “diario” è una giovane studentessa universitaria che vive e lavora nella nostra provincia. Leggi la prima puntata qui, la seconda qui. La terza qui, la quarta e la quinta.
C’è una notte, durante il mese di Ramadan, che è più speciale delle altre. È la Laylatu Al-Qadr, la notte del destino e a dire il vero, è la notte più magica dell’anno per i musulmani. Secondo l’omonima sura¸ solo questa notte varrebbe più di altri mille mesi di devozione. È la notte in cui il Corano venne rivelato dall’arcangelo Gabriele sulla terra al profeta Maometto ed è il momento in cui gli angeli scendono per donare pace e salvezza ai fedeli fino all’alba. Si chiama così perché è in questa occasione che viene decretato il destino di ognuno di noi fino all’anno successivo e perché allo stesso tempo, in base a quanta fede riponiamo in Dio, anche noi contribuiamo come co-autori della nostra stessa sorte. Per meglio dire, la Laylatu Al-Qadr si può considerare come una possibilità di riscatto, un porto sicuro per approdare al perdono. Per questo, in questa notte che secondo alcune interpretazioni cade il 27esimo giorno, per altre in uno dei giorni dispari degli ultimi dieci di Ramadan, la si trascorre pregando e invocando Dio all’ascolto dei nostri racconti più intimi. “Al-Qadr” in arabo porta diversi significati. A seconda del contesto può voler dire destino, potere, quantità. Un triangolo di parole apparentemente non correlate che per una notte trovano un equilibrio nella loro coesistenza. Di fatto, non è altro che la quantità delle nostre buone o cattive azioni a conferire il potere di definire il nostro destino. Quest’anno, questa notte è forse ancora più speciale. Nelle conversazioni con amici e parenti sento che trasudano ansia e angoscia per il futuro, per le incertezze che ci spettano oltre l’orizzonte di due settimane di incubazione del virus. Fare piani ci conforta dalla scomoda precarietà e troviamo sollievo nel “sapere di che morte moriremo”. Ma se per una volta non fosse cosi? Se il sapere non fosse sempre potere? La notte del destino regala la certezza che anche se non possiamo leggere il futuro andrà davvero tutto bene e la speranza di una risposta alle preghiere per una resa dal dolore e dalla tristezza. Questa notte non ci si augura la buona notte, ma buona notte del destino.
Nadia El Ghaouat