Matrimonio al tempo del covid-19, tanti sogni in sospeso: “Bisogna fare i conti con l’incertezza”

“Azzerato”, è stato il commento di una titolare di un atelier di abiti da sposa intervistata in televisione in merito al fatturato dei primi mesi del 2020.

Gli abiti da sposa sono pronti, semmai già ordinati da mesi, se non da un anno, ma a causa dell’emergenza Coronavirus i sogni d’amore sono rimasti in sospeso. Ecco perché Pietro Demita, stilista leccese titolare di un atelier nel Salento, leader nella produzione di abiti da cerimonia, come tanti altri costretto alla chiusura per le norme anti-contagio, ha compiuto il gesto estremo di bruciare una decina di pezzi artigianali della sua collezione, davanti al suo atelier: “Si tratta di un simbolo fortissimo di protesta che faccio a nome di tutti i produttori della mia categoria”, ha sottolineato il giovane stilista.

Infatti il Covid-19 ha fermato anche i matrimoni (ma c’è anche chi si è sposato soltanto con i testimoni, rimandando il resto a tempi migliori), stop a tutte le cerimonie programmate per marzo, aprile e un pezzo di maggio, mesi tradizionalmente dedicati alle spose, con tutto ciò che questo comporta dal punto di vista concreto ed economico ma anche spirituale.

Adesso, giunti nella fase 2 bis, forse le chiese, seppur con tutte le precauzioni del caso, torneranno ad essere luogo di festa e di speranza.

Ne abbiamo parlato con Don Andrea Manto, Preside dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Ecclesia Mater”, già Responsabile del Centro per la Pastorale della Famiglia e dell’Ufficio per la Pastorale Sanitaria della Diocesi di Roma.

Don Andrea, dal 18 maggio in poi, come si possono celebrare i matrimoni religiosi?

«Qualsiasi funzione religiosa con la partecipazione di persone, dalla Santa Messa, ai matrimoni, funerali, battesimi, (Cresime sospese, e per le Prime Comunioni c’è la richiesta di rinviarle), si dovranno svolgere nel rispetto dei protocolli sottoscritti dal Governo con le rispettive confessioni. Quindi si dovranno rispettare tutte le regole per le celebrazioni, in particolare in materia di scaglionamento, distanziamento e dispositivi di protezione individuali, a partire dalle mascherine. Il matrimonio non sarà più circoscritto agli sposi e ai testimoni ma i fedeli in un numero contingentato, in funzione della capienza della chiesa, potranno partecipare alla celebrazione. Importante evitare assembramenti di persone, quindi come specificano alcune Curie Vescovili, come ad esempio l’arcidiocesi di Agrigento, al termine della celebrazione nuziale sono vietati “gli assembramenti per il tradizionale lancio del riso”. Aggiungerei anche di limitare effusioni, baci e abbracci, che spesso, sullo slancio dell’emozione, sono eccessivi. Vanno evitati anche i “commenti all’orecchio” sull’abito della sposa o degli invitati, che rilasciano ugualmente i “droplet” e tra l’altro, anche quando fatti a bassissima voce, creano un brusio e disturbano il clima di raccoglimento e lo svolgimento della celebrazione. Sono comportamenti sbagliati per la liturgia, per il galateo e anche perché in questa situazione potrebbero trasmettere il virus. Può inoltre essere utile fare un’opportuna “scrematura” alla lista degli invitati, cogliendo l’occasione per eliminare senza imbarazzi gli inviti di circostanza. Ecco, in questo caso il Covid-19 potrebbe rivelarsi come una “provvida sventura”».

Secondo i dati di Unimpresa Moda, 7 fidanzati su 10 avrebbero già rinviato le nozze al prossimo anno, quando si spera la situazione potrà essersi normalizzata. Giusto rinviare le nozze alla luce delle restrizioni alle celebrazioni?

«Il sacramento ha un valore che non può essere ridotto semplicemente all’esteriorità. Capisco, l’abito da sposa bello fa parte della cultura, della tradizione, dell’immaginario collettivo e del sogno di ogni promessa sposa, che accompagna l’amore. Però bisogna anche guardare alla realtà e al contesto. L’epidemia, anche se sta diminuendo nella carica virale e rallentando, richiede prudenza. Data la particolare situazione economica del nostro Paese, non credo che tutti possano permettersi nozze sfarzose, indipendentemente dal Covid-19. Moderazione e sobrietà restano sempre da consigliare. Si può fare una cerimonia sobria, con un numero ristretto di persone, e magari festeggiare il primo anniversario di matrimonio il prossimo anno, quando ci auguriamo che l’epidemia sarà solo un brutto ricordo. In questo modo si può vivere il momento sacramentale della celebrazione in maniera intima, in compagnia dei parenti più stretti e degli amici più cari, soprattutto se si vive nelle regioni dove il pericolo di contagio è ancora alto. La celebrazione nuziale è un momento di preghiera e di spiritualità molto intenso e profondo; questa delicata situazione diventa un’opportunità preziosa per la Chiesa per spiegare il significato del sacramento e far capire che la festa nasce dalla gioia di rispondere, nella via del matrimonio, alla vocazione di amore e di santità che il Signore ci dona nel battesimo. Per questo, celebrare il matrimonio non è solo una scelta privata e personale della coppia, ma un fatto ecclesiale di assoluta rilevanza, che non può essere subordinato alla possibilità dell’organizzazione, pur legittima, del festeggiamento. Nel matrimonio cristiano la gioia del reciproco donarsi degli sposi attraverso il loro sì, affonda la sua radice nell’amore del Signore e nella fede in Lui. Pertanto, se gli sposi in coscienza sanno che il tempo per il loro sì, è maturo, non bisogna rinviare la celebrazione, ma fidarsi del Signore che rimane fedele e sostiene la nostra volontà di amare il coniuge nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia, anche se il frangente che si sta attraversando non è dei migliori. L’amore sa essere saggio e prudente nell’adeguare la gioia che si ha nel cuore alle circostanze oggettive e concrete. L’amore è paziente, sa attendere e sa gioire nelle forme e nei tempi opportuni».

Appare forse meglio comprensibile la scelta di coloro che invece hanno privilegiato il sacramento rinunciando alla festa?

«Sì, una scelta di vita importante come è quella del matrimonio cristiano, un sacramento che impegna l’uomo e la donna in tutta la loro realtà, spirito, anima e corpo, è molto più di un momento di celebrazione nella chiesa e di un momento di festa. Il “SÌ” pronunciato davanti all’altare è un passaggio epocale dell’esistenza, mai paragonabile o riducibile agli aspetti organizzativi (addobbi, musica, riprese, ecc.) della cerimonia religiosa e della festa post-celebrazione. L’aspetto della festa di matrimonio non può diventare preponderante assorbendo le energie dei futuri sposi fino quasi a non far loro percepire la bellezza e il significato del momento che vivono davanti all’altare. Se così fosse, sarebbe preferibile, con o senza Covid-19, che ci si sposasse in Chiesa in una data e si festeggiasse il giorno dopo, o anche la settimana dopo. Lasciare uno spazio e un tempo dell’anima, che valorizzi la celebrazione liturgica e faccia gustare e sedimentare nell’intimo le emozioni e il significato di quel momento, è sempre importante anche per fare più efficacemente memoria, negli anni seguenti, di quel giorno unico e irripetibile».

La tragedia legata al Covid-19 ha fatto ritornare al vero significato del rapporto di coppia?

«Anche da un dramma come la pandemia possiamo avere qualcosa da imparare. Tra le altre cose il Covid-19 ha creato non solo occasioni di riflessione alle coppie che si dovevano sposare, ma anche a tutte quelle coppie sposate da anni che durante il lockdown hanno dovuto stare molto tempo assieme in casa. Penso a tutte quelle famiglie, marito, moglie e figli che si sono ritrovate a condividere tempi e anche luoghi fisici, in una maniera a cui non erano più abituati, a volte da anni. C’è stata l’occasione di riscoprire una serie di relazioni, come quella tra genitori e figli, che si era come “vaporizzata” dalla frenesia dei tempi della giornata, dallo stare tante ore fuori casa e dal vivere sempre di corsa. Si è dovuto ritrovare, volenti o nolenti, e spesso non senza fatica, un equilibrio nelle esigenze e negli spazi, e una grammatica della comunicazione che spesso si era dimenticata. Insomma una nuova modalità della relazione e della condivisione nella vita insieme. E una grande opportunità per rileggere non solo il come, ma anche il perché dello stare insieme, del suo significato e dei suoi progetti e obiettivi».

In queste settimane ha raccolto timori e speranze di coppie di fidanzati indecisi se sposarsi o meno in questo momento così incerto e problematico del nostro Paese, sotto tutti i punti di vista?

«Sì, diverse persone mi hanno confidato i loro timori non solo per l’organizzazione del matrimonio e della festa, sul come e quando sia meglio celebrarlo. Molti hanno paura dello scenario attuale, che abbraccia le questioni lavorative, i problemi economici, la grande paura per la salute e tutto quello che ruota intorno all’assistenza agli anziani. Non dimentichiamo che spesso la famiglia è un welfare per anziani e altri familiari in difficoltà. Se queste difficoltà aumentano, il progetto di costruire una vita insieme, di uscire di casa per andare a vivere insieme, può subire un rallentamento. Voglio però dare alle coppie un messaggio di coraggio e di speranza: pensiamo ai nostri anziani, ne abbiamo purtroppo perduti tanti in questa pandemia, che sono le nostre radici, la nostra memoria. I loro sacrifici sono la base su cui il nostro Paese e le famiglie di oggi hanno costruito la loro crescita e il loro benessere. Durante la guerra e il dopoguerra, quando l’Italia era in macerie sotto molti punti di vista, erano giovani e si rimboccarono le maniche, credendo in sé stessi e nella forza della vita che rinasce. Molti potevano affidarsi solo al Signore e alla provvidenza, gettando con fede il cuore oltre l’ostacolo. Un matrimonio cristiano non si può basare soltanto sul desiderio dei coniugi di stare insieme e di avere figli, sulla stabilità economica e lavorativa, sul promettersi, con la propria volontà e le sole proprie forze, amore e fedeltà reciproca per tutta la vita. Questi fattori sono importanti e necessari, ma non rappresentano tutta la verità del matrimonio. L’essenza è la fiducia nel Signore e nel mettersi giorno dopo giorno in cammino e in discussione per vivere la vita di coppia e poi la paternità e la maternità, come via di santificazione. Una vita veramente evangelica e un cammino di santità come quello del matrimonio cristiano sono una navigazione in mare aperto. Non si possono mai avere tutte le certezze meteorologiche, né avere sempre vicino un porto sicuro quando monta la burrasca. Quindi: coraggio!.. e nelle tempeste… avviciniamoci di più al Signore, ricerchiamo più fortemente l’aiuto del Signore Gesù e della Sua Santa Madre, Maria Regina della famiglia».