Scuole materne paritarie. Walter Michieletto, Agesc: “Un patrimonio da salvare”

Intervista a Walter Michieletto

Come un’onda lunghissima il Covid-19 ha trascinato con sé una serie di problemi gravissimi non solo sanitari. Uno di questi è la crisi delle scuole materne paritarie, che sono rimaste chiuse durante il lockdown causato dall’emergenza. 

Ne abbiamo parlato con Walter Michieletto, Presidente dell’AGeSC (Associazione Genitori Scuole Cattoliche) di Bergamo.

Dottor Michieletto, la Presidenza della Cei ha lanciato un appello per salvare 12.547 scuole paritarie, “un patrimonio da non disperdere”, di cui 7.955 sono cattoliche. Che cosa ne pensa?

«Penso che al di là delle ideologie politiche o religiose sia importantissimo avere una pluralità di scelta di scuole quindi lasciare a tutte le famiglie la possibilità di scegliere a quale scuola mandare i propri figli, sia essa statale, paritaria, paritaria cattolica, pubblica o privata. La scuola è tutta importante, punto. Le scuole paritarie, prima dell’emergenza Coronavirus, già non vivevano di grandi sostegni, la nostra battaglia come AGeSC, nasce trent’anni fa, quindi sarebbe opportuno che i sostegni andassero in proporzione agli alunni, questo è il nostro pensiero. L’88% degli aiuti stanziati anche in questo periodo di lockdown, sono andati solo alla scuola statale, invece dovrebbero andare alla scuola pubblica, visto che il sistema della scuola paritaria fa parte del sistema pubblico. Gli aiuti dovrebbero essere distribuiti in modo equo, attraverso il numero degli alunni. Novecentomila alunni non si possono discriminare, siamo tutti cittadini italiani che paghiamo le tasse, per quale motivo gli aiuti alla scuola devono essere discriminatori?».

Per la Cei le “scuole paritarie sono vittime di pregiudizi”. È dunque vero che la libertà d’educazione appare in pericolo a causa della crisi da Covid-19 se gli aiuti governativi dovessero limitarsi alla scuola statale, escludendo le scuole paritarie, a loro volta pubbliche e che svolgono un ruolo fondamentale per l’istruzione in Italia? 

«C’è questo pensiero che le scuole paritarie, non statali, siano riservate solo a chi se le può permettere. Vero è che ci sono delle rette e che ci sono dei servizi da pagare, ma è vero anche che il costo che si sobbarcano le famiglie è una libera scelta. Personalmente conosco figli di famiglie benestanti sia qui a Bergamo sia a Milano, che frequentano le scuole statali, invece ci sono famiglie che fanno enormi sacrifici per mandare i propri figli nelle scuole paritarie cattoliche. Ecco perché si torna al discorso di libera scelta, che però non è tanto libera, perché in seguito al lockdown, chissà quante famiglie meno abbienti saranno costrette il prossimo anno a mandare i loro figli alle scuola statale, perché in cassa integrazione, ancora senza lavoro, ecc… È logico che a causa dei grandi problemi economici che sta vivendo il Paese, a settembre ci troveremo con meno iscrizioni. Ciò porterà le scuole a rivedere i loro numeri, le scuole hanno un bilancio e si sostengono con il numero degli alunni, con le rette proporzionate agli spazi. Se questi equilibri vengono meno molte scuole cattoliche, che già sono in allarme, in autunno, avranno seri problemi, anche di riapertura. Non ci sarà più il servizio offerto prima e sarà ridotto il numero delle classi. Meno alunni e meno insegnanti, ovviamente. La pandemia ha messo in risalto un problema preesistente: molte scuole cattoliche hanno chiuso i battenti e il fenomeno si ripresenta ogni anno. Non riescono più a sostentarsi. Come andrà a settembre? Ancora non lo sappiamo, nei primi giorni di giugno, vedremo le eventuali iscrizioni e quanti confermeranno. Speriamo bene. Qui la pandemia ha avuto effetti devastanti, e ancora non si è fermata, anche se siamo nella fase 2 bis».

Com’è la situazione a Bergamo e provincia, considerato che le scuole paritarie coprono piccoli paesi  in zone di montagna e in alte valli, dove non ci sono altri servizi scolastici? 

«La situazione delle scuole cattoliche paritarie a Bergamo e provincia è divisa in due. Soffrono di più quelle situate in città, perché qui le scuole statali (Lussana, Sarpi) sono di ottimo livello, quindi l’offerta formativa è ottima e la concorrenza con le scuole cattoliche paritarie è agguerrita. Le scuole che stanno nell’hinterland fanno più fatica, chi abita per esempio a Ponte San Pietro, decide di mandare il proprio figlio a studiare a Bergamo, presso una scuola statale, anche per abituarlo alla città. Le scuole cattoliche paritarie in provincia vanno bene, parlo di paesi quali Seriate, Martinengo, Calcinate e sul lato est-ovest Villa d’Adda, sono isole felici, anche se ogni anno queste scuole fanno grossi sforzi per far quadrare i bilanci, però essendo su di un territorio più lontano dalla città, le famiglie guardano a questi istituti come a un punto di riferimento. C’è da dire che le scuole paritarie cattoliche già alla fine dello scorso febbraio erano pronte per fare la teledidattica, le scuole statali invece no, perché partivano da zero, non avendo mai fatto prima questa esperienza». 

Scuole materne paritarie e fondi. Ce ne vuole parlare? 

«Storicamente le scuole materne paritarie sono quelle che hanno preso la maggior parte dei fondi, perché più del 50% dei bimbi che vanno alle materne sono nelle scuole cattoliche o parrocchiali. Ma non si può dare il sostegno solo ai bimbi da zero a tre anni e dimenticarsi dei più grandi, di tutti quegli studenti che vanno alle elementari, alle medie e al liceo. Ci vorrebbe un piano educativo che accompagni tutte le scuole statali, private e paritarie a partire da zero fino a diciotto anni». 

Cosa ne è stato di questo periodo di lockdown, qualche scuola materna è riuscita a inventare qualche attività a distanza per i più piccoli?

«Sì, qualcuna è riuscita a inventare qualcosa, un intrattenimento a distanza, una sorta di baby sitting. Vero è che fare tutto ciò con bambini da 2 a 6 anni è difficile e non così educativo. C’è da dire che in queste ultime settimane alcuni  genitori sono tornati a lavorare e i veri problemi iniziano adesso. Se non ci sono i nonni che si prendono cura dei piccoli, a chi si potranno lasciare? Nel periodo di lockdown i genitori hanno avuto una grande occasione, quella di stare finalmente con i loro figli, riscoprendo un rapporto che nella vita frenetica finora trascorsa si era un po’ persa. Ora le scuole materne, i nidi, sono ancora chiusi, è difficile trovare baby sitter disponibili e non care, mentre il tanto sospirato “bonus bebè” ancora latita. Mi dispiace dirlo da cittadino italiano, ma ci sono stati tanti annunci da parte del Governo, ma in concreto, nulla. La realtà è molto diversa da quella che ci viene raccontata, anche se la maggior parte dei giornalisti sono obiettivi. La cosa vergognosa è quando in diretta gli esponenti del Governo, tutti, ad iniziare dal Premier, dicono delle cose che sul territorio non ci sono proprio. Solo una minoranza degli italiani ha ricevuto un sostegno economico, tanto annunciato e sbandierato. Ci sono state molte famiglie che sono state costrette a fare delle scelte: non hanno pagato la retta scolastica o per la materna, non per protesta, intendiamoci, ma perché hanno preferito pagare le bollette della luce e del gas. Anche per questo le scuole cattoliche paritarie e anche quelle materne sono andate in crisi».

Ci può fornire dei dati su quante scuole sono a rischio e quanto servirebbe per sanare le perdite e non chiudere? 

«No, preferisco non dare numeri, sappiamo che un alunno costa alla scuola statale circa 7.000 euro, mentre il contributo che lo Stato dà alle scuole paritarie è mediamene di circa 400 euro. Questa è la proporzione. Vengono stanziati 500 milioni per la scuola pubblica, l’88% per la statale e solo il 12% per quella paritaria. Briciole. Sono sessanta milioni per novecentomila studenti e centomila insegnanti, sembra una cifra grossa ma è ridistribuita su tutto il territorio nazionale e su tutte le scuole, quindi è insufficiente. Stiamo parlando di persone, non solo di cifre, e lo stesso discorso vale per la sanità». 

Secondo Lei se a settembre la pandemia non sarà rientrata, come ci si potrà organizzare?

«Auspico che la situazione si sia parzialmente risolta, grazie anche ai test sierologici, in modo da poter riacquistare quella sana fiducia di vivere necessaria non solo per andare a scuola. Pensando al prossimo settembre, noto che le scuole statali non hanno abbastanza spazi, da questo punto di vista invece le scuole paritarie hanno qualche vantaggio in più. Ho letto che si vogliono costruire nuove scuole, ma non credo che ci sia ancora molto tempo, l’autunno è quasi alle porte».