Le piccole assemblee della pandemia, forse immagine della Chiesa che sarà

La liturgia è ripresa. Ho pensato che queste assemblee un po’ strane, più piccole potrebbero essere la prova di assemblee della Chiesa prossima ventura, quando i cristiani saranno pochi e pregheranno, forse, meglio e più di noi… Qual è il tuo parere? Anna

La nostra vocazione a essere un “piccolo resto”

Vedendo le nostre assemblee un po’ strane, – come dici tu – più piccole: ti confesso, cara Anna, che anche a me è venuto, pressappoco, lo stesso pensiero, nonostante il contesto sia totalmente diverso.

La tua considerazione mi pare significativa perché offre l’occasione di riflettere sulla nostra vocazione evangelica ad essere semplicemente un “piccolo resto”, un pizzico di lievito e di sale, un seme di senape, che è il più piccolo di tutti i semi, ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami. Nel Vangelo ciò che è piccolo, apparentemente insignificante e nascosto, è estremamente fecondo e i frutti sono eccedenti e persino sproporzionati.

D’altra parte, Gesù non ha forse paragonato i suoi discepoli al pizzico di lievito nascosto nella pasta, perché tutta sia fermentata? Ma, quanto lievito è necessario perché tre staia di farina fermentino? E ancora: cinque pani d’orzo e due pesci, nelle sue mani, non sono forse stati sufficienti per sfamare cinquemila persone? Anche il seme gettato sul terreno buono frutta ora “il trenta, ora il sessanta e ora il cento per uno”. E cosa sono dodici apostoli di fronte al mondo intero? 

Stupisce sempre nel vangelo la sproporzione tra l’esiguità e la fragilità dei mezzi con i risultati ottenuti. 

Bisogna rovesciare il nostro modo di pensare

Non è facile assumere tale mentalità; essa, infatti, necessita di un capovolgimento razionale, oserei dire, copernicano: la nostra logica, infatti, ricerca istintivamente e inconsciamente i grandi numeri, i grandi eventi, i grandi raccolti, la visibilità e le grandi folle, ecc. A fatica, riusciamo a cogliere, in una situazione di povertà e di minorità, una preziosa opportunità per riscoprire la nostra vocazione all’autenticità e la condizione indispensabile per crescere, tentando, nel nostro piccolo, di trasformare il mondo dal di dentro per renderlo bello, secondo il piano di Dio. 

Probabilmente il domani ci riserverà ulteriori sorprese a riguardo; potrebbe accadere che le file dei credenti praticanti si assottiglino ancora di più, insinuandoci il sospetto di avere fallito nella nostra testimonianza di fede con la conseguente tentazione di cadere nell’amarezza, rimpiangendo un passato che non tornerà più!

Non siamo più “religione” di massa

Che il cristianesimo non sia più “religione” di massa, o impropriamente “di stato” ormai è un dato di fatto. Tuttavia ciò che ai nostri occhi appare uno scacco, se consegnato al Signore e affidato nelle sue mani, può rivelarsi una grazia! 

Sì! Una grazia! Esso, infatti, chiama in causa la nostra responsabilità personale! L’adesione a Cristo, infatti, dovrebbe essere la conseguenza di un incontro personalissimo con Lui, frutto di una scelta e adesione libera al suo amore, sperimentato concretamente nella nostra vita. 

Non sappiamo cosa ci riserverà il domani; è difficile persino affermare che i cristiani del futuro pregheranno meglio e più di noi, come dici nel tuo interrogativo; vogliamo sperare che i credenti prossimi venturi, passati attraverso il crogiolo della purificazione, vivano il Vangelo in modo più autentico e adulto di quanto non lo viviamo noi.

Intanto ognuno di noi si arrenda a Cristo

E nel frattempo? Nel frattempo ognuno di noi si arrenda a Cristo e al suo amore, accogliendolo a piene mani e con cuore aperto e cercando nel nostro quotidiano di rendergli testimonianza: «L’uomo contemporaneo – disse san Paolo IV – ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». Così vedremo compiersi meraviglie nel “terreno” del mondo e i frutti verranno, ora il trenta, ora il sessanta, ora il cento per uno.