Come sarà la chiesa del dopo Covid-19? Non è una domanda semplice, come tutti possono capire. Quando si parla della pandemia si sta tutti in bilico tra: “niente sarà come prima” e “torniamo alla normalità”. Anche la Chiesa di Bergamo sente quel bilico, fortemente, e si sente stiracchiata tra la novità che è arrivata da fuori, l’evento inatteso e drammatico, e il desiderio di tornare a quello che si era che, proprio perché conosciuto, rassicura.
La pandemia, forse, ha abituato un po’ di gente a fare a meno della Chiesa
Tanti elementi entrano in gioco. Uno, semplice, che è sotto gli occhi di tutti. La pandemia ha tagliato fuori i fedeli dalla Chiesa, dalle sue liturgie, dai suoi gruppi, dalle sue iniziative. I vari collegamenti on line hanno in parte arginato quella solitudine. In parte soltanto. Il lockdown è stato il blackout della comunità cristiana.
La domanda che nasce è tanto necessaria quanto semplice: il blackout ha accelerato il processo di smagrimento della Chiesa che era già in atto prima? Potrebbe succedere che la lontananza dalla Chiesa abbia creato un’abitudine? Forse altra gente, oltre alla molta che già lo fa, ha capito che si può vivere anche senza la messa della domenica.
Ci si è preoccupati di più della Messa che dei motivi per andare a Messa
Questo, naturalmente, mette in gioco tutta una serie di considerazioni. Soprattutto fa riflettere su un dato che fa parte della natura profonda della nostra gente e della nostra Chiesa. Questo: la lunga tradizioni che abbiamo alle spalle ha creato la convinzione che si fa parte della Chiesa se si condividono gli eventi che fanno Chiesa, la liturgia soprattutto e la messa in particolare.
Si sono curati di meno i motivi che portano a far parte della Chiesa e ancora meno si è lavorato sui legami che la Chiesa ha con la società e con il mondo che ci sta attorno e nel quale siamo immersi. Per la stessa Messa: ci si è preoccupati di di far andare a Messa che scoprire i motivi per andarci.
Forse anche oggi si può tornare a riflettere sulla facilità con cui la parte consistente della nostra gente, quella che va in chiesa tutte le domeniche, è passata dalla DC alla Lega. Non si avevano molti motivi per votare DC e quei pochi motivi hanno permesso di passare a votare, senza drammi, Bossi e Salvini. Ma, allora, il problema è, come si dice, a monte: la povertà dei motivi che c’erano allora e ci sono ora. Alla Chiesa questo dovrebbe dire qualcosa. Nella politica i grandi valori legati alla fede non si vedono, sono diventati irrilevanti. Certo, non per tutti, non dappertutto. Ma per molti, certamente, sì.
La Chiesa è nel mondo ma talvolta ha poco da dire sul mondo
Quello che si dice della politica, lo si potrebbe dire di altri settori della vita sociale. La Chiesa ha qualcosa da dire sulla sanità, sulla scuola, e poi sui giovani, sugli adolescenti, sulle famiglie…? E, oltre a dire qualcosa, la Chiesa è in grado di fare qualcosa? Certamente che sì. Ma viene comunque il sospetto che, avendo puntato molto sulle sue istituzioni, la Chiesa ha poco da dire e da fare sulle istituzioni di tutti. Nelle istituzioni di tutti la Chiesa si è talmente diluita che non si vede più. La pandemia, con le sue violente interruzioni, mi pare, mi pare abbia reso più evidente questo processo di immagrimento della Chiesa.
È difficile dire, quindi, che si tornerà alla normalità. La normalità, la bella normalità cui la nostra Chiesa era pacificamente abituata, aveva incominciato a finire già prima. Ora continuerà a finire. E chissà se, passata la pandemia, saremo capaci di capire che Chiesa sta finendo e quale nuova Chiesa vogliamo iniziare a costruire.