A sei anni tutto cambia. E a me piace guardarti mentre ti addormenti…

Mi piace guardarti mentre ti addormenti. Ha un ché di ipnotico. Sfioro i lineamenti del viso, il nasino, le spalle che si stanno facendo forti, il collo abbronzato, i capelli corti e biondi. Tu sbadigli, mostri i due dentoni che da qualche mese hanno trasformato il tuo sorriso rendendolo ancor più bello, mi stringi la mano. E per un attimo per me tutto si ferma. Mi chiedo per quanto ancora durerà.

“Mamma non riesco a dormire”. “Allora mi metto qui con te per un pochino. Prova a rilassarti. Io per esempio penso alle cose belle che sono successe durante la giornata”. “Io penso a te”. E il cuore si riempie, che basterebbe una sola goccia ancora per farlo scoppiare.

A sei anni tutto inizia a cambiare. Anche gli abbracci alla mamma cambiano. Di meno, ma più intensi. Sentiti. C’è più consapevolezza in ogni gesto, il mondo attorno comincia a condizionare le azioni, i genitori non sono più l’unico universo al quale far riferimento. “E’ giusto. Sta crescendo”, mi ripeto nella testa. Ma quando dormi ti osservo. E i pensieri mi partono in odine sparso.

Mi assale una paura immensa di perderti. Ho sempre avuto, paura della morte. Sin da piccola, quando a volte tremavo nel letto ponendomi domande troppo immense per trovar risposte in una bimba minuscola. Ora ho solo il terrore di perdere voi, i miei figli. Perché lo so, che la vita è fragile, eppure fortissima e meravigliosa al tempo stesso. So che sono fortunata, ma che basta un soffio perché tutto cambi.

Ti guardo e vedo quanto stai crescendo e mi chiedo se potevo fare di più. Forse avrei potuto esser più presente (in realtà presente lo sono, ma a volte più col corpo che con la testa, presa da mille impegni e problemi, nemmeno poi così importanti). Forse avrei dovuto esser diversa. Forse, semplicemente, dovrei solo imparare ad accettare le mie fragilità.

Ma è difficile farlo, quando sei mamma e vorresti difendere tuo figlio da ogni avversità, assorbire ogni sua sofferenza, cancellargli ogni dolore. Ti guardo e mi riprometto di alzarmi domani mattina piena di idee su cose belle da fare insieme ed energia. Mi riprometto di non urlare, di non arrabbiarmi, di ricordarmi che ho voglia di vivere al massimo ogni minuto che passo con te e con la tua sorellina. Sorrido, so già che basterà poco per far crollare il mio buon proposito. Ma tu, che pian piano ti addormenti, mi rassereni. Tu, in realtà, sai guardare oltre. Sai leggere la mia stanchezza, la mia insicurezza. “Non va bene”, mi dico ogni tanto. I miei genitori mi sembravano supereroi, fino all’adolescenza non avrei mai pensato che potessero sbagliare. Mio figlio, invece, lo sa.

Ma sa anche che ce la metto tutta. Sa che sono pronta al dialogo. Sa che posso cambiare idea, che posso chiedere scusa e dire grazie. Sa che ho bisogno del suo affetto. Sa che ci sono, anche quando mi metto al computer mentre lui e la sorella giocano. E mi piace, questo rapporto sincero. Fatto di emozioni profonde, di gioie immense e dolori sottili, di pazienza e di scatti di rabbia, di coccole e di lacrime, di fiducia reciproca.