Ci sentiamo una comunità globale?

Tutto appare più vicino e coinvolgente e non siamo molto pronti ad affrontare la novità.

In breve tempo almeno due fenomeni si sono affacciati a livello planetario e colpiscono in pieno. Ci sono situazioni ed eventi che coinvolgono ognuno di noi, attraversano con velocità senza chiedere alcun permesso le frontiere, ci sorprendono e ci interrogano su quali atteggiamenti prendere. Possiamo far finta di nulla, ma dentro di noi comprendiamo che tutti facciamo parte della stessa famiglia umana, in questi casi non c’è barriera o spartiacque che tenga.


Da un lato la pandemia, che continua a muoversi sottotraccia nel nostro Paese, si è diffusa in modo pesante in altre regioni del mondo. Si consolida un’esperienza globale comune, che contagia le persone, che interroga decisori politici e cittadini, che semi-paralizza sistemi economici. Un tragico fenomeno naturale è condiviso da tutta l’umanità. Non è la prima volta, ma oggi lo sviluppo delle tecnologie di comunicazione ci permette un aggiornamento reale: possiamo osservare le difficoltà che affrontano in America Latina e pensare che l’altro ieri eravamo noi in quella situazione, possiamo vedere gli ospedali indiani e intuire il loro senso di impotenza.


Dall’altro lato la notizia dell’uccisione di George Floyd, un cittadino inerme e già ammanettato, da parte di alcuni poliziotti di Minneapolis ha scatenato un movimento di protesta che ha attraversato rapidamente il pianeta. Allo slogan di I can’t breath (non posso respirare) molti cittadini sono scesi nelle piazze per contrastare la diffusione del razzismo e della conseguente violenza. Sono state abbattute o imbrattate statue di personaggi storici che in un modo o nell’altro erano coinvolti con la pratica della schiavitù. E abbiamo iniziato a prendere posizione: sulla legittimità dei gesti, sulla presenza e gravità dei fenomeni razzisti, sulle modalità con cui si può ò non può manifestare il proprio dissenso e la propria rabbia.


Così la nostra quotidianità ci presenta il conto di un mondo che sta cambiando. Tutto appare più vicino e coinvolgente e non siamo molto pronti ad affrontare la novità. Eravamo abituati a risolvere i problemi dentro le nostre nazioni, a vedercela tra noi. Non è più possibile e non ci sono porte da chiudere che tengano senza limitare le nostre libertà e la nostra qualità della vita. Le disuguaglianze, i rischi ambientali e biologici hanno dimensioni globali, se non inizieremo a costruire una coscienza globale non saremo in grado di rispondere alle sfide che abbiamo di fronte.