All’oratorio dell’Immacolata le attività estive si sono svolte tra laboratori ed escursioni alla scoperta dei quartieri della città

«Un segno di speranza e Provvidenza». La riapertura degli oratori è un’occasione per provare a ricucire i legami che la quarantena aveva indebolito. Nell’estate post-pandemia, infatti, i centri estivi stanno giocando un ruolo fondamentale nel ritorno alla normalità di molti ragazzi. Perché il virus, oltre che i corpi, ha colpito anche sentimenti, abitudini e relazioni.


«Ricominciare non è stato semplice: c’è voluta un po’ d’audacia, ma la posta in gioco era troppo alta – assicura don Nicola Brevi, vicario della parrocchia cittadina di Sant’Alessandro in Colonna e coordinatore dell’oratorio dell’Immacolata -. Era necessario riabilitare la libertà dei ragazzi. Se ne avvertiva il bisogno, soprattutto dopo un periodo di difficile, quanto necessaria, reclusione domestica».


Le attività estive presso l’oratorio dell’Immacolata sono iniziate il 15 giugno, primo giorno utile stabilito dal governo. «Appena c’è stata la possibilità, ci siamo subito attrezzati. Siamo stati la prima comunità a ripartire. E nonostante lo scetticismo di alcuni, il bilancio è positivo».


Il Cre è terminato a metà luglio, coinvolgendo circa 200 ragazzi, divisi in 20 squadre e coordinati da un centinaio di animatori. «Per evitare assembramenti abbiamo fatto un intenso lavoro preliminare di assemblaggio. All’interno della giornata, ogni squadra era impegnata in luoghi e laboratori differenti. In questo modo abbiamo limitato i contatti».


Il programma settimanale prevedeva tre giorni di attività in oratorio e due alla scoperta dei quartieri della città. «Perché andare in capo al mondo quando c’è tanta bellezza dietro l’angolo? – ragiona don Nicola -. A volte basta solo saper guardare. Senza la smania di escursioni elaborate».
Novità di quest’anno l’attività del mercoledì: il “lockup”, ovvero l’opposto del “lockdown”, sostanzialmente «l’incontro con alcune realtà commerciali del quartiere. Nonostante le difficoltà del momento, hanno deciso di mettersi in gioco e riaprire: sono semi di speranza per tutta la comunità».


Bergamo, infatti, non è solo dolore. Senza dimenticare il recente passato, la città vuole guardare al futuro. «E per farlo servono anche gli oratori – conclude don Nicola -: ero fermamente convinto fosse necessario riaprire. Non potevamo negare ai ragazzi questo spazio vitale. Altrimenti sarebbe stato come abbandonarli a loro stessi».